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All’Italia mancava Barca e il suo “anticatoplebismo” di Umberto Cecchi

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fabrizio barcaA noi italiani mancava Barca, soprattutto mancava il suo ‘anticatoplebismo’,  la nuova parola della politica d’oggi, che di parole ne aveva già troppe e che ha galvanizzato le folle. C’erano ieri nelle piazze fiorentine capannelli di massaie e di operai, che una volta speravano nel Pci e che oggi si battono, grazie a Barca, contro il catoplebismo, ma che, prima di cominciare una qualsiasi dimostrazione di piazza, si chiedevano angosciati, ricorrendo alla antica formula cara evidentemente a Barca, che reimpone una sorta di togliattismo: compagni, cos’è questo catoplebismo, l’Unità non lo dice, ma già l’Unità ormai dice più poco di sinistra.

Ci mancava Barca, dicevo, a costruire altre perdite di tempo in questa che sta diventato la perdita di tempo perfetta. Bersani infatti non manca di meravigliare sia i suoi che gli avversari e rischia di diventare oggetto di studio a scienze politiche. E’ infatti, forse assieme a Grillo, uno dei politici mondiali, che non si è accorto che il nostro Paese è sull’orlo della fossa, che il tempo è finito, che l’industria chiede decisioni, gli operai chiedono lavoro, l’economia  chiede ossigeno e la politica decisioni. Che fretta c’è?, si chiede invece Bersani, candidamente con una ironia del tutto disadatta ai tempi. Poi si domanda, ingenuamente nato ieri, perché qualcuno lo richiama alla dignità.

Forse qualcuno dovrebbe spiegare agli italiani cosa significhi ‘catoplebismo’ e ‘catafrattismo’, due paerole che hanno la radice greca ‘catà’, e a Bersani cosa significa dignità. Proviamoci: dignità in politica è spendere con oculatezza i tempi assegnati, evitare gli stalli inconcludenti, saper dire basta al momento giusto, cercare le giuste alleanze evitando di farsi deridere da (non)alleati inadatti al dialogo, smettere di far battute a vuoto e affrontare i problemi veri, finirla di spiegare la miseria a chi la vive, garantire gli stessi i diritti a tutti gli elettori italiani, non mettere in crisi il Paese solo perché per forza si vuol fare il primo ministro per far vedere in pawese come siamo diventati importanti.

Dice un mio vecchio amico di sinistra, professore di scienze politiche: uno le cose le fa se c’è trombato, altrimenti è bene rinunci.

Ho l’impressione che per il Pd il problema si stia aggrovigliando. Barca sembra intenzionato ad annullare una sinistra moderna  e tornare al Pci, e magari a Stalin, che anche Putin sta rivalutando, Bersani non sa cosa fare, ma ha dimenticato una cosa di fondo, che il suo è un paese di lavoratori, operai o impiegati che siano, e che questa categoria sta boccheggiando, in attesa che lui, con in mano il teschio di Berlusconi sogni come Amleto con quello di Yorik esclamando: ‘Ah, Slvio, io lo conoscevo bene’.

Solo che Yorich era morto, Berlusconi no.

Ha ragione Renzi. Bisogna smettere di pensare a se stessi e cominciare a pensare al Paese che va in frantumi, bisogna smettere di litigare su chi è il più bello e il più bravo del pollaio, mentre l’Italia affonda. Machiavelli, altro fiorentino – non so se stia con Renzi o no –  diceva: ‘governo è arte di mazza’, e aggiungo io, se uno la mazza non ce l’ha non se la può dare, così come la capacità critica, il senso dello Stato, la responsabilità morale di fare e fare presto.

La nave affonda e non sarà una Barca a salvare i naufraghi,. Anche perché più che Barca somiglia alla  drammatica  Zattera della Medusa dipinta da Gericault sulla quale navigano moribondi, disillusi e feriti.

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