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Crisi, doppio presidio alla Prefettura di Seves e Cooplat

admin
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Doppio presidio oggi a Firenze davanti a Palazzo Medici Riccardi, sede della Provincia e della Prefettura. I primi a manifestare sono stati i lavoratori della Seves, azienda specializzata nella produzione di mattoni in vetro, in occasione del tavolo dell’unita’ di crisi della Provincia a cui hanno preso parti, tra gli altri, Rsu, sindacati, rappresentati dell’azienda e l’assessore al lavoro Elisa Simoni. Al centro della vertenza la volonta’ del Gruppo Seves di spengere il forno fusorio dello stabilimento di Firenze. ”Ci stiamo ancora confrontando – ha spiegato a margine del tavolo Bernardo Marasco della Cgil – ma al momento l’azienda non prospetta un progetto industriale e non possiamo quindi pensare che lo spegnimento del forno sia funzionale a un rilancio delle attivita’. Seves dice di avere solo bisogno di un periodo in cui spendere meno per contenere il debito del gruppo. Tenere acceso al minimo il forno costa all’azienda solo il 3,5% del fatturato dello stabilimento fiorentino e non e’ possibile che questo determini un fallimento”. Per Marasco ”il rischio e’ che invece vogliano escludere Firenze ma allora ce lo devono dire con chiarezza. Per questo diciamo no a spegnere il forno ‘alla cieca”’. A scendere in piazza stamani anche i lavoratori di Manutencoop-CoopLat-Coopservice, che si occupano dei servizi di pulizia in appalto negli ospedali fiorentini, contro i tagli della spending review sul comparto sanitario. ”Solo quest’anno – hanno spiegato i lavoratori – a causa della spending review sono state tagliate circa 2700 ore di lavoro al mese nelle pulizie della Asl 10, e 2020 ore al mese nell’appalto dell’Azienda ospedaliera di Careggi. Conseguentemente sono finite in Cassa integrazione in deroga 11o persone”. Per i lavoratori ”la cosa grave e’ che se non vengono fatte scelte diverse, sono gia’ stati annunciati ulteriori tagli per un altro 6% nel 2013 e nel 2014, quindi si dovra’ diminuire di circa il 20 % della forza lavoro attuale o diminuire in proporzione le ore lavorate, con conseguente taglio del 20% delle retribuzioni, in stipendi che a fatica arrivano adesso a 1000 euro al mese”

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