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di Massimo Mattei Io Gori l’avrei votato come Zingaretti forte dell’esperienza di aver fatto campagna per Dini

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Io Gori l’avrei votato. 
Come avrei votato Zingaretti oppure Rosati se fosse stato chiesto a lui l’onore di guidare il centrosinistra unitario alle prossime elezioni regionali lombarde.
Io ho votato (e fatto campagna elettorale) per persone che erano distanti anni luce dai miei sentimenti. 
Perché un conto era contaminarsi e votare galantuomi come Valdo Spini oppure Armando Cossutta un conto era girare San Frediano e Monticelli per ricordare agli amici e soprattutto ai compagni che Dini era il nostro candidato. 
Dini.
È che ci fidavamo. Ci fidavamo dei nostri dirigenti che se in progetto complessivo mettevano Dini nel collegio più progressista del mondo, più di Santa Clara a Cuba, più dei collegi dei minatori del Galles, noi ci fidavamo. E facevamo bene. 
Ecco noi votammo e vincemmo proprio perché Dini stette con noi non soltanto in quel collegio (e vorrei vedere) ma anche alle elezioni nazionali. E che feste facemmo per le strade quando uscirono i risultati.

È vero adesso tutto è cambiato. 
L’appartenenza non esiste più. Anni di “ciaoni” e “fuori fuori” alle Leopolde delle tossine l’hanno prodotte. Di “Fassina chi?”. Di demonizzazione del governo Renzi, del non riconoscimento di grandi traguardi che mai la Sinistra italiana aveva ottenuto come le Unioni civili oppure il “Dopo di noi”. 
È tutto cambiato ma vincere la Lombardia (quasi impossibile anche uniti perché gli altri come in Veneto hanno governato sostanzialmente bene) sarebbe una grande occasione di rilancio per una sinistra in grandissima difficoltà. Ci metterebbe di nuovo in contatto con i veri ceti produttivi del Paese che in Lombardia noi non intercettiamo più da anni alle elezioni politiche e regionali. Darebbe ai nostri un po’ di entusiasmo perché niente dà più fiducia di una vittoria, ne sa qualcosa il centrodestra toscano che dopo anni e anni di marginalità ha cominciato a vincere e sembra averci preso gusto. 
Io Giorgio Gori l’avrei votato perché lo conosco. E mi è sembrato una persona interessante che sta facendo bene a Bergamo (dove è facile far bene va detto) e che sarebbe meglio di Fontana e la Gelmini. Non è il figliolo di De Luca a Salerno francamente indigesto o la Serracchiani con i suoi imbarazzanti dress code. 
Perché il punto, pur nel rispetto sacrale delle decisioni delle assemblee lombardi e laziali, è proprio questo: il rinunciare a qualcosa di nostro per far vincere comunque quello più vicino a noi. 
Perché tra Gori e la Gelmini non credo che ci siano dubbi. E se questi ci fossero allora il problema sarebbe più complesso ed il 4 marzo diventerà il redde rationem di dieci anni di politica della sinistra e del centrosinistra. 
Io non so cosa succederà. 
I sostenitori da dieci “mi piace” (sempre i soliti, che si entusiasmano tra loro) sono già schierati. E fanno tenerezza. 
Perché dover sperare nel governissimo oppure in una vittoria del centrodestra per fermare i grillini può essere una strategia; più per quelli che saranno nelle teste di lista del proporzionale e che per altri cinque anni saranno in Parlamento piuttosto che per il nostro popolo, se esiste ancora. Ma sono già tutti schierati con le loro granitiche certezze. 
Leggo cose interessanti e analisi risibili. Leggo di tutto. Anche perché oggi ho la febbre e ho tempo libero. 
Speriamo in bene. Non ho grande fiducia. Ma nel 1989 dovevamo scomparire e qualche anno dopo nostri ministri giurarono davanti al Presidente della Repubblica.
Io voterei Giorgio Gori. Ma sono novecentesco. Non conto. 
Non facciamoci tanto del male però. Dai.

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