Chi è il “paziente fragile” e qual è, e sarà, il ruolo degli infermieri nella sua presa in carico. L’Ordine delle Professioni infermieristiche interprovinciale Firenze-Pistoia, ha voluto aprire una riflessione sul “paziente fragile”, una definizione sempre più al centro degli studi della comunità scientifica ma che non ha ancora trovato una definizione univoca.
È associata fortemente alla persona anziana perché spesso ne condivide i tratti: ridotta resistenza agli stress provocata dal declino di più sistemi con conseguente instabilità clinica e tendenza a manifestazioni peggiorative di salute. Fragile, in generale, è un paziente “vulnerabile”, con ridotta autosufficienza, spesso affetto da malattie croniche e da più patologie contemporaneamente, trattate con diverse terapie.
In alcuni casi, alla fragilità biologica si aggiunge quella sociale: povertà con conseguente ridotta possibilità di accesso alle cure, isolamento sociale, disagio abitativo. Un quadro che rende ancor più difficile la gestione. Dare una definizione di “paziente fragile” è dunque il primo passo per creare i migliori percorsi di presa in carico.
«In futuro il sistema dovrà sempre più farsi carico di pazienti anziani e fragili, una fascia di popolazione che è destinata a crescere – commentano da Opi Firenze Pistoia -. Il nostro compito, come per tutti i professionisti sanitari, è quello di arrivare preparati là dove ci sarà sempre più bisogno di noi».
L’infermiere è una figura cruciale nel miglioramento e mantenimento della qualità di vita della persona fragile. «Un percorso che passa attraverso una presa in carico globale che tenga cura anche del contesto sociale in cui la persona vive e assicurandosi il mantenimento della continuità assistenziale – proseguono da da Opi Firenze Pistoia. Le nostre competenze dovranno evolversi di pari passo all’interno di un sistema sanitario, e sociale, capace di dare risposta alle necessità di queste persone, alle loro esigenze di cura in un contesto sociale sempre più complesso».