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Ḕ arrivato dalla Lucchesia l’olio di Colle di Bordocheo

Redazione
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di Elisabetta Failla

Nonostante la complessità dell’annata in corso per la Lucchesia e la Toscana in generale, con attacchi della mosca e maltempo nei momenti cruciali, anche a Colle di Bordocheo è tornato l’oro verde.

L’Azienda Agricola e Agrituristica Colle di Bordocheo si trova alle pendici dell’altopiano delle Pizzorne, il baluardo montuoso fitto di conifere e castagneti che protegge la piana di Lucca dai venti del Nord e le assicura la particolare mitezza del clima, le dolci colline tra Marlia, Segromigno in Monte e Camigliano dove si trovano pregevoli borghi e pievi, ville, tra queste Villa Mansi e Villa Torrigiani, e fattorie.

Barbara Chelini con il “suo” olio

Colle di Bordocheo, da sessant’anni di proprietà della famiglia Chelini, aa oltre 10 anni la “timoniera” di Colle di Bordocheo è Barbara Chelini, che più dei fratelli si è appassionata alla fattoria dove si produce vini e olio.

Per quanto riguarda l produzione di olio, Barbara Chelini ammette le difficoltà di salvare il raccolto: “in un periodo così difficile siamo riusciti a salvare le olive, ma il quantitativo sarà molto ridotto: se tutto andrà bene, ne porteremo a casa almeno il 40% in meno dello scorso anno”. L’olio du quest’anno è più leggero e fragrante dell’anno precedente, anche se meno profumato. Limpido, dal gusto fruttato, intenso e piccante ma non troppo pungente al palato, con una lievissima nota amara e classici sentori di carciofo e foglia di pomodoro. Un olio ricco di polifenoli, insomma, ma senza eccessive grassezze e vischiosità, come si conviene al tipico olio delle colline lucchesi, adatto all’abbinamento con pesci, insalate, legumi.

Una veduta dall’alto degli ulivi

É il frutto di circa 1650 piante delle classiche varietà toscane – frantoio, moraiolo, leccino e pendolino – curate con tutte le attenzioni dell’olivicoltura biologica: niente trattamenti sistemici (la mosca olearia viene contrastata con il bacillus thuringiensis), potatura ad anni alterni, campo inerbito, olive spremute a freddo ogni sera in un frantoio della zona. Nasce così questo olio gustoso ma non aggressivo, messo in commercio in confezioni che vanno dalla bottiglia in vetro da 0,25 l alle tre classiche bottiglie da 0,50, da 0,75 e da 1 litro, fino alle confezioni da 3 litri e 5 litri in latta o in “dama” di vetro, specie su richiesta.

Per quanto riguarda la produzione vinicola, su 30 ettari complessivi della fattoria, completamente a conduzione biologica, sono circa 10 quelli coltivati a vite, in gran parte di proprietà ma anche in affitto, Recentemente l’azienda ha effettuato un piccolo turnover: sono stati estirpati vecchi vigneti e al loro posto impiantati – la procedura è ancora in corso – due ettari di vigna nuova. Inoltre è stato acquisito un nuovo oliveto.

Le vigne a Colle di Bordocheo

Le uve principalmente coltivate sono Sangiovese, Ciliegiolo, Chardonnay, Merlot, Vermentino e Trebbiano, nelle nuove vigne impiantate in questi anni trovano ampio respiro anche il Syrah e filari di vitigni inusuali come l’aromatico Petit Manseng e il Moscato Bianco, che conferiscono particolari caratteristiche ai vini dell’azienda.

Colle di Bordocheo produce oggi sei vini: due bianchi, due rossi, un rosato e un vino da dessert a tiratura limitata. Il Bordocheo Rosso e il Bordocheo Bianco, sono due classici Colline Lucchesi Doc, con fermentazioni in acciaio e affinamento in bottiglia per periodi limitati, ed esprimono bevibilità immediata e pronta già poco dopo l’imbottigliamento: vini caratteristici che esprimono al meglio il territorio. Ci sono poi le due riserve, Il Bianco dell’Oca Igt – blend di Chardonnay, Vermentino e Traminer – nasce con macerazione a freddo e si affina per alcuni mesi in legno, in genere tonneau; il Picchio Rosso Doc Sangiovese – assemblaggio di Sangiovese, Merlot – conosce un anno di tonneau prima di trascorrere 10/12 mesi ad affinare in bottiglia. Il nuovo nato il Sestilia , igt rosato, nasce dalle classiche uve lucchesi  Sangiovese e Canaiolo, fermentato a bassa temperatura ed affinato 3 mesi sulle fecce,“un vino – spiega Barbara Chelini – che nasce come un gioco, senza troppe pressioni: ne abbiamo prodotto un quantitativo molto basso, che però sin da subito ha riscontrato un grande successo, tanto che nella seconda annata aumenteremo la produzione del 25%”.C’è poi il Quinto, il “Sauternes di Lucca” prodotto con uve di Trebbiano e Moscato bianco, dalle vigne più vecchie, lasciate a lungo in pianta, e portate al giusto grado di appassimento. Oggi la distribuzione e la vendita è quasi esclusivamente circoscritta alla ristorazione e alle enoteche della provincia di Lucca, che assorbono quasi per intero le 40mila bottiglie prodotte, oltre a una piccola quota di esportazione in Svizzera ed in Francia.

L’obiettivo di Barbara Chelini, però, è più ambizioso. “Puntiamo – continua – a stabilizzarci sulle 50mila bottiglie entro il 2021, con una qualità sempre in crescita, che ci permetta di dare ai nostri vini la memoria di una degustazione piacevole”. Lei, intanto, se li tiene stretti, soprattutto i suoi bianchi. “Sono la mia passione, e voglio cercare l’eccellenza, anche in una regione come la Toscana che è terra di grandi rossi”. Come tiene strette le sue bottiglie dall’abito ricercato: le etichette con il logo dell’albero stilizzato, impreziosite le due riserve da un semplice, pulito disegno dei due animali eponimi, il picchio e l’oca, e dalle capsule che richiamano il disegno delle colonne nel Duomo di Lucca. Un tocco di cultura che non guasta.

 

Colle di Bordocheo

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