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Lutto nel giornalismo sportivo fiorentino, Ci ha lasciato “Ciccio” Rialti. Così lo ricorda Massimo Sandrelli

admin
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Massimo Sandrelli
Mi si presentò con in tasca una copia di “Galoppo e trotto“. Voleva collaborare, scrivere di sport. Era il 1975, il giornale era il ‘il Nuovo‘, uno sfortunato esperimento editoriale che durò 100 numeri. Annotai il suo telefono in rubrica e qualche tempo dopo lo chiamai. Ci conoscemmo così e negli anni diventammo amici, collaborando più o meno sempre in ogni esperienza di lavoro. Mario Sconcerti lo considerava il miglior cronista e lo avremmo voluto a “Repubblica“ ma lui era troppo legato al Corriere dello Sport e al suo fratellino Alberto Polverosi.
Nel tempo aveva smesso i panni dello “scapigliato“ per assumere un aspetto più sobrio e, con quel pizzetto canuto, quasi monacale. Mi divertiva immaginarlo come un frate guardiano, fra‘ Ciccio Rialti, in un saio extralarge che avvolgeva quella mole di cui gli era impossibile spogliarsi. Era un raccontatore attento, scrupoloso, con un insaziabile gusto della notizia. Insieme scoprimmo l‘ingaggio di Rui Costa e di Battistuta.
Si stava al telefono a mezze ore, spettegolando come delle comari. Il mestiere del giornalista è anche parlare con chi sa ascoltarti per insieme riflettere, speculare e alla fine giocare. La Fiorentina era il suo mondo. Cambiavano i protagonisti e lui era sempre là seduto, curioso spesso impertinente. Era diventato una sorta di memoria storica. Lo consideravo il mio inviato personale nell‘umore della tifoseria. Il suo vero ufficio era il Bar Marisa. Agli inizi del 2001 Cecchi Gori mi richiamò in Fiorentina, insieme a Mario Sconcerti. Capita che arriviamo in finale di Coppa Italia e il ritorno si sarebbe disputato a Firenze contro il Parma. Vittorio Cecchi Gori mi disse che sarebbe venuto allo stadio solo a condizione che non ci fosse neppure uno striscione contro di lui. Figuratevi, in quel momento la città era un focolaio, la contestazione la si poteva cogliere ovunque.
Lo chiamai, quasi disperato, gli chiesi aiuto. Fece un sondaggio e mi mise in contatto con tre capi delle curve. Telefonate interminabili e poi alla fine, grazie ai suoi buoni uffici, quell‘unico striscione ‘Solo per Firenze e la Fiorentina‘. Un messaggio perfido ma accorato. Poi la festa inebriante, fantastica che ad oggi è rimasta l‘ultima. Quella coppa Italia l‘abbiamo sempre considerata la nostra Coppa.
Scrivere di chi ci ha lasciato è sempre una pena. Ricordare un amico fraterno impregna di tristezza e nostalgia. Mi resta l‘eco della sua rauca verve. E me lo raffiguro nella tribuna stampa di lassù accanto a Manuela.

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