In Italia si raccolgono circa 4,6 milioni di tonnellate di rifiuto organico, all’interno del quale si nascondono circa 240mila tonnellate di materiale non compostabile (5,2%). E’ quanto emerge dal monitoraggio sulla presenza di imballaggi in plastica e bioplastica compostabile negli impianti di riciclo organico, realizzato da Corepla e Cic (Consorzio Italiano Compostatori). Una presenza di materiale estraneo nella raccolta dell’umido, che è in crescita dello 0,3% rispetto al 2017, quando la plastica era al 4,9%, pari a 190mila tonnellate. Un aumento più che proporzionale rispetto all’aumento della raccolta differenziata. Si tratta soprattutto di plastica (60%, pari a 145mila tonnellate), per la metà proveniente da imballaggi. Il materiale compostabile è invece il 94,8% dell’umido, all’interno del quale ci sono anche plastiche compostabile (170mila tonnellate), più del doppio rispetto al 2017, quando la plastica compostabile era pari a 54mila tonnellate. Il 36,2% degli italiani però, utilizza ancora dei sacchetti per la raccolta dell’organico non adeguati.
“Quella della plastica nell’organico è una presenza non gradita, che ci porta a costi che vanno tra i 90 e i 120 milioni anno. Un aggravio che poi si ripercuote sulle tariffe pagati dai cittadini che pagano il 20% in più proprio per questo motivo. L’obiettivo è quello di ridurre in maniera drastica queste presenze indesiderate, sia per motivi economici che ambientali”, ha detto Flavio Bizzoni, presidente di Cic, Consorzio Italiano Compostatori. “Chiediamo al cittadino di fare una raccolta differenziata fatta bene. Come Corepla abbiamo destinato ai comuni 400 milioni per compensare i cittadini per gli sforzi fatti e per una formazione migliore su come fare questo tipo di raccolta – ha detto Antonello Ciotti, presidente di Corepla -. La plastica che troviamo in raccolta differenziata va diminuita perchè rischia di rendere meno qualitativa la materia prima e seconda che recuperiamo”.