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‘Il sogno di Lady Florence Phillips’, da Johannesburg la mostra che fa sognare Siena

Redazione
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di Elisabetta Failla

Il sogno di Lady Florence Phillips – La Collezione della Johannesburg Art Gallery è la mostra di Opera – Civita, promossa dal Comune di Siena, a cura di Simona Bartolena, da ieri, 24 luglio 2020, fino al 10 gennaio 2021 che ha portato al Santa Maria della Scala di Siena la collezione di capolavori conservata permanentemente alla Galleria d’Arte di Johannesburg.

Una selezione di circa sessanta opere, tra olii, acquerelli e grafiche, ripercorre oltre un secolo di storia dell’arte internazionale, dalla metà del XIX secolo fino al secondo Novecento, attraverso i suoi maggiori interpreti: Degas, Monet, Cézanne, Van Gogh, Matisse, Modigliani, Turner, Rodin, Moore, Lichtenstein, Derain, Pissarro, Corot, Sargent, Sisley, Bacon, Rossetti, Warhol, Signac, Picasso e molti altri.

Aperta al pubblico nel 1910, la Johannesburg Art Gallery è il principale museo d’arte del continente africano. La mostra presenta una selezione di 64 opere scelte dalle sue vastissime collezioni, spaziando dai grandi artisti europei dell’Ottocento ai maestri (ben meno noti e per questo ancor più sorprendenti) della scena sudafricana del XX secolo: da Degas a Rossetti, da Corot a Boudin, da Courbet a Monet, da Signac a Van Gogh, da Picasso a Bacon, Lichtenstein e Warhol, fino a William Kentridge. Una serie inaspettata di capolavori che permettono di percorrere un vero e proprio viaggio nella storia dell’arte del XIX e XX secolo, spaziando dall’Europa agli Stati Uniti, fino al Sudafrica.

La mostra è stata inaugurata lo scorso 23 luglio alla presenza del Sindaco di Siena Luigi De Mossi, la curatrice Simona Bartolena e Stefano Di Bello per Opera Civita. Il sogno di Lady Phillips alimenta così anche quello di Siena. “Siena merita il polo museale di Santa Maria alla Scala – ha spiegato il Sindaco De Mossi –  capace di attirare oggi e nel futuro il turismo culturale italiano e internazionale. Noi ci auguriamo che diventi un punto di riferimento importante per l’arte in Italia e non solo”. La curatrice Bartolena ha invece evidenziato la figura di Lady Florence, mecenate della cultura indigena. Una donna che ha attraversato il 900 e particolari momenti difficili del Sud Africa, ma che, nonostante tutto, non ha mai rinunciato al sogno di diffondere e custodire arte, cultura e bellezza.

Antonio Mancini, Lady Phillips

Lady Florence Phillips è la vera protagonista dell’esposizione come figura straordinaria e fondatrice del museo. Lady Phillips era nata il 14 giugno 1863 a Cape Town. Suo padre, Albert Frederick Ortlepp, è un naturalista, ispettore dei territori di Colesberg. Nel 1885 Florence aveva sposato Lionel Phillips, figlio di mercanti della lower middle-class londinese, e con lui si era trasferita a Johannesburg. Nel 1892 Lionel era stato eletto presidente della Chamber of Mines, acquistando sempre più potere e perseguendo interessi politici che sfoceranno nel coinvolgimento personale nel “Jameson Raid”, il fallimentare tentativo britannico di sovvertire il governo sudafricano, allora ancora in mano ai boeri. Consegnatosi alla giustizia per chiedere la grazia, Phillips venne invece condannato a morte, ma dopo sei mesi di prigionia venne liberato e costretto all’esilio in Inghilterra. Florence, che fino ad allora aveva viaggiato molto, torna in quell’occasione accanto al marito e lo segue a Londra. È in questo periodo che Florence comincia ad appassionarsi all’arte, prima timidamente, poi con sempre maggior convinzione, cominciando a maturare la convinzione che l’arte possa essere utile, farsi strumento di aiuto sociale, in particolare per le fasce di popolazione più bisognose. Tornata a Johannesburg nel 1906, comincia a dare corpo al suo sogno di realizzare qualcosa di importante per il Sudafrica. Guidata da uno straordinario filantropismo, oltre che dalla volontà di dare visibilità e credibilità culturale al proprio paese d’origine, Lady Phillips immagina una galleria pubblica di livello internazionale, con sede a Johannesburg. Ma il contributo di Florence per il proprio paese non si ferma alla creazione del museo. Collezionista di manufatti africani, Lady Phillips si prodiga nella divulgazione e protezione delle tradizioni dei nativi. Florence morì il 23 agosto del 1940, nella tenuta di famiglia nel West Somerset. Le sembianze di questa donna straordinaria sopravvivono in alcune immagini fotografiche e, soprattutto, in alcuni splendidi dipinti. Uno di questi è la tela di Antonio Mancini, che ritrae Florence a 46 anni, da cui prenderà avvio il percorso della mostra.

Dante Gabriel Rossetti, Regina Cordium

Ed è proprio dalla figura di Lady Phillips che inizia il percorso espositivo che prosegue poi con la sezione dedicata all’Ottocento inglese, con opere del grande protagonista del romanticismo britannico Joseph Mallord William Turner, dei Preraffaelliti Dante Gabriel Rossetti e John Everett Millais e di Sir Lawrence Alma-Tadema.

Non mancano opere francesi della seconda metà dell’Ottocento come la veduta delle falesie normanne di Étretat di Gustave Courbet e opere di François Millet e Henri-Joseph Harpignie.

Il percorso prosegue con la straordinaria novità del linguaggio impressionista delle opere di Monet, Sisley, Degas e Guillaumin e con alcuni protagonisti della scena postimpressionista. Notevole spazio ha in mostra il pointillisme grazie alla presenza di due capolavori di Paul Signac, un paesaggio di Lucien Pissarro e un importante lavoro di Henri Le Sidaner.

Pablo Picasso, Busto in stile moderno

Segnano, invece, il passaggio al XX secolo i disegni di due grandi scultori: Auguste Rodin e Aristide Maillol. In mostra, al rigore di André Derain fanno da contrappunto l’approccio già avanguardista di Ossip Zadkine e l’inconfondibile eleganza del segno di Amedeo Modigliani e dello sguardo di Henri Matisse. Quattro grafiche e una significativa Testa di Arlecchino a pastello raccontano la ricerca di Pablo Picasso.

La collezione storica dedicata al secondo Novecento è testimoniata da un tormentato ritratto maschile di Francis Bacon, un intenso carboncino di Henry Moore, e due capolavori pop di Roy Lichtenstein e Andy Warhol.

L’ultima sezione della mostra è dedicata all’arte sudafricana e si chiude con tre splendide opere di William Kentridge (foto di apertura), il più noto rappresentante dell’arte sudafricana nel mondo contemporaneo. Ḕ questa probabilmente la parte più sorprendente del percorso. Nell’immaginario collettivo l’arte africana è spesso accumunata a quella tribale ma in questa parte del percorso è possibile conoscere i cosiddetti black artists che hanno viaggiato e si sono confrontati con esponenti a loro contemporanei. La valorizzazione dell’arte e della cultura sudafricane ha quindi un ruolo importante nelle finalità dell’Art Gallery La stessa Lady Florence era consapevole dell’importanza di dare visibilità all’arte del suo Paese: “Noi possiamo sperare che in futuro cresca una Scuola Sudafricana e che lo studio dei capolavori che siamo riusciti ad assicurare a questa galleria aiuti ad incentivare gli artisti locali. E quando la nostra Scuola Sudafricana comincerà a produrre lavori degni di apparire accanto ai migliori esempi provenienti dagli altri Paesi, ci auguriamo che il Museo sarà in grado di acquistare queste opere non solo per incoraggiare i talenti nascenti ma anche per cominciare una grande collezione di Arte Sudafricana”.

Gladys Mgudlandlu, tre uomini in blu

Fino al 10 gennaio sarà possibile, quindi, ammirare questa collezione di capolavori presso le sale del Santa Maria della Scala, attraverso questa grande mostra, organizzata in collaborazione con Vidi e con catalogo Skirà, che si preannuncia come l’esposizione più significativa del 2020 a Siena.

Le informazioni, le prevendite e le prenotazioni sono aperte al numero +39 0577 286300 o scrivendo una mail a sienasms@operalaboratori.com

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