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Mafia, arrestato figlio boss Badalamenti latitante da 3 anni

admin
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La Direzione Investigativa Antimafia di Palermo, in collaborazione con lo SCIP e la polizia brasiliana, ha arrestato Leonardo Badalamenti, 60enne, secondogenito di “Tano”, storico boss di Cinisi e capo della Commissione di cosa nostra negli anni ’70, in esecuzione di un mandato di cattura internazionale emesso dall’Autorità Giudiziaria di San Paolo del Brasile.
Per l’autorità paulista Leonardo Badalamenti risultava latitante dal 2017, quando gli era stato spiccato un ordine di arresto da parte dell’Autorità Giudiziaria di Barra Funda (Brasile), per associazione criminale finalizzata al traffico di stupefacenti e falsità ideologica.
Gli investigatori del Centro Operativo della DIA hanno rintracciato il latitante a Castellammare del Golfo, nella abitazione della madre.
Leonardo Badalamenti assieme alla famiglia di origine compreso il padre Gaetano, riconosciuto in seguito mandante dell’omicidio di Peppino Impastato, aveva trovato rifugio in America nei primi anni ’80 per scampare alla guerra di mafia scatenata dai Corleonesi per il controllo di cosa nostra. Più che di un conflitto si trattò di una vera e propria epurazione, attraverso la sistematica eliminazione fisica di tutti coloro che, appartenenti allo schieramento avverso, potevano rappresentare un ostacolo ai progetti di conquista “Totale” della mafia da parte di Riina, Provenzano e Bagarella.
Leonardo Badalamenti, che in Brasile aveva assunto l’identità fittizia di un uomo d’affari brasiliano, Carlos Massetti, risultava inoltre indagato quale capo di un’organizzazione con
ramificazioni internazionali, impegnata tra il 2003 e il 2004 nella negoziazione di titoli di debito pubblico emessi dal Venezuela, mediante l’intermediazione di un funzionario corrotto di quel Banco Centrale, destinati a garantire aperture di linee di credito in Istituti bancari esteri.
Veniva anche accusato di aver tentato una truffa in danno delle filiali della Hong Kong Shanghai Bank, della Lehman Brothers e di un’altra banca d’affari britannica, la HSBC, per un importo di diverse centinaia di milioni di dollari americani.