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Non saranno Fratelli d’Italia da una parte e PD dall’altra a determinare la vittoria. Decisivi saranno i loro alleati.

admin
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Il calcolo è molto semplice e non lascia spazio ai giochi di parole della politica per nascondere la sgradita realtà. In Italia, a votare ci va meno della metà degli elettori e una parte deposita scheda bianca o nulla. PD e Fratelli d’Italia, i due partiti maggiori, addirittura “i grandi partiti”, sono accreditati dai sondaggi, entrambi, tra il 22 e il 23 per cento. Dunque, messi assieme, sono ben al di sotto del 25% degli aventi diritto al voto. Abbiamo scritto 25, non 50, che sarebbe, di questi tempi, accettabile.

Eppure, l’incredibile prende corpo tutti giorni con ipotesi e inviti rivolti a questi due “partitoni”: fate una corsa solitaria, non perdete tempo a cercare alleati, assecondate (udite, udite!) la vostra vocazione maggioritaria! E perché meravigliarsi? La democrazia è un esercizio faticoso. E che molti ne farebbero volentieri a meno, lo sappiamo da tempo, dopo averlo sperimentato giusto cento anni fa.

Non stiamo evocando alcun pericolo “fascismo in agguato”, sia chiaro. Non è nostro costume. Stiamo difendendo la qualità della nostra democrazia, che la Costituzione vuole parlamentare e rappresentativa. E, prima ancora, vorremmo invitare tutti ad un bagno di realismo. Se esistono una miriade di partiti, non è un caso. La società italiana stessa è frammentata. E non ha forti punti di riferimento, non solo dal punto di vista politico. Dopo tre quarti di secolo di governi basati su alleanze, con un mostro di legge elettorale quale il rosatellum, si pretende una corsa solitaria da due partiti (PD e FdI) che sono, si, i più grossi, ma ciascuno dei quali raccoglie una quantità di voti che equivale al 10-12 per cento degli elettori italiani?

Si mettano tutti l’animo in pace. Oltre tutto, la legge elettorale, mantenuta in vita ad ogni costo, costringerà i partiti a raggrupparsi in alleanze per massimizzare il loro risultato. Ma non saranno Fratelli d’Italia da una parte e PD dall’altra a determinare la vittoria. Decisivi saranno i loro alleati. Nel centrodestra, se la Meloni e il suo partito sembrano essere in grande spolvero, i suoi alleati sono anatre zoppe. Salvini è ossessionato dal fantasma dei suoi rapporti tutti da chiarire con la Russia. E non sta meglio Berlusconi, a causa non solo dell’amico Putin ma anche per le numerose defezioni che ingigantiscono gli effetti del suo schiacciamento su Meloni e Salvini che hanno tolto la patina di moderatismo a Forza Italia. E, dunque, la vittoria del centrodestra è soprattutto legata alla capacità di tenuta dei due partiti più piccoli della coalizione. Diverso ma analogo, il problema per l’altra coalizione. Tutto dipende da quanto essa potrà essere ampia e competitiva nei collegi uninominali, dove con un voto di maggioranza si porta via il banco. Ma il rischio è che l’ampiezza sbiadisca l’identità, alla quale uomini e partiti tanto più sono legati, quanto più sono piccoli (sia gli uomini, sia i partiti). Ma, poiché sappiamo che i matrimoni politici si fanno per interesse e non per amore, in questo caso il problema è di fare bene i calcoli, scegliendo bene il giusto collante. In qualche caso gli elettori, piuttosto che attratti potrebbero esserne respinti. E i partiti che lottano per la sopravvivenza preferiscono il loro interesse a quello della coalizione e, sia mai, a quello del Paese.

Nicola Cariglia