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First Republic e i segnali sul debito italiano: cosa sta succedendo

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(Adnkronos) – Una nuova crisi bancaria, l’ennesima, e nuove tensioni sui debiti sovrani. Il caso First Republic, la banca americana che ha visto il titolo perdere il 90% del suo valore da inizio anno, anche sull’onda emotiva del crollo di Silicon Valley Bank, un istituto con un profilo finanziario simile, si lega anche ai segnali che stanno arrivando sul debito pubblico italiano. Non solo. Nello scenario incidono, a vario titolo, anche i ritardi sul Pnrr, la mancata ratifica del Mes e le trattative per la riforma del Patto di Stabilità. Cosa sta succedendo e perché fattori diversi tra loro possono contribuire a innescare una spirale pericolosa? 

Il filo conduttore è, come sempre quando si parla del comportamento dei mercati, la fiducia. La perdita di circa il 40% dei depositi da parte di First Republic ha messo in allarme operatori e investitori, sempre allerta di fronte all’ipotesi di dover fronteggiare una nuova Lehman Brothers, e la conseguenza è stata, anche in Europa, un crollo diffuso delle quotazioni nel settore bancario. Un contagio che si estendesse, mettendo in pericolo la stabilità del sistema avrebbe bisogno, tra le altre opzioni disponibili, di un intervento del Mes. Ma, ad oggi, non si potrebbe usare per il veto italiano che resiste. E qui c’è il primo nesso, più immediato, di causa ed effetto tra le scelte di politica economica e il rischio che si corre.  

Le potenziali difficoltà italiane nel rispettare gli impegni presi può innescare una catena di giudizi negativi, rimettendo nel mirino il debito pubblico italiano. Pesano le valutazioni della agenzie di rating, con Moody’s che si esprimerà il 19 maggio sull’Italia e il rischio che possa abbassare il suo rating. Incide l’allarme lanciato da Goldman Sachs, secondo cui lo spread Btp/Bund potrebbe salire a 235 punti entro la fine del 2023, per il rallentamento delle politiche di riacquisto dei titoli di Stato in scadenza decise dalla Bce. E ha un peso anche il dibattito sulla riforma del Patto di stabilità, perché un ritorno ordinato e condiviso delle regole europee favorirebbe una maggiore protezione per i paesi, come l’Italia, che hanno il problema del debito alto in rapporto al Pil.  

Finora il governo Meloni, con le scelte operate nella Legge di Bilancio e nel Def, ha dato segnali positivi alla comunità finanziaria, investendo sulla propria credibilità e affidabilità. Ora però servono l’effettiva implementazione del Pnrr e progressi nell’agenda di riforme collegata per allontanare il sospetto che l’Italia possa tornare ad essere uno degli anelli deboli dell’Europa. Ecco il secondo legame che emerge e che mette insieme le tensioni finanziarie innescate da una banca a rischio crack e l’esposizione di un singolo Paese, nel caso specifico l’Italia. 

Su un fronte e sull’altro, la speculazione è costantemente alla ricerca di scommesse che possano portare profitto. Per sottrarsi è indispensabile alimentare la fiducia, sia sulla tenuta del sistema bancario e l’utilizzo degli strumenti eventualmente necessari a garantirla, sia sulla capacità di sostenere la crescita e di gestire i conti pubblici assicurando una graduale riduzione del debito. (Di Fabio Insenga)