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Vini NoLo, no e low alcohol, perché non si può ignorarli

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di Elisabetta Failla

Dal 1° gennaio 2025 anche in Italia si possono produrre e commercializzare vini dealcolati, o dealcolizzati, e parzialmente dealcolati, i cosiddetti Nolo. Infatti, il governo italiano ha finalmente recepito dopo tre anni la normativa europea con il decreto ministeriale n. 672816 del 20 dicembre 2024.

Da gennaio scorso, quindi, è possibile effettuare il trattamento di dealcolazione, purché sia eseguito in base a determinati procedimenti riportati  nella normativa e il prodotto che ne deriva può essere commercializzato con il termine dealcolato, o dealcolizzato, quando il titolo alcolometrico effettivo è inferiore allo 0,5% in volume, oppure con la denominazione di vino “parzialmente dealcolato”, quando il contenuto in alcool sia superiore alla soglia dello 0,5% in volume ed inferiore al titolo minimo della categoria che precede la dealcolizzazione.

Non è stato un percorso facile e non lo è nemmeno ora perché, i produttori e i rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni di categoria hanno opinioni differenti e opposte. Da una parta si trovano coloro che vogliono proteggere la tradizione e le denominazioni del vino e, dall’altra, chi vuole privilegiare il mercato, i cambiamenti della domanda di prodotti vitivinicolo.

Certo, per gli amanti del vino può essere difficile concepire vini con simili caratteristiche ma, più che al gusto, guardiamo a loro valore sul mercato. A febbraio scorso. secondo i dati di Meticolous Research, i vini NoLo interessano un mercato per circa 2,6 miliardi di dollari, con una crescita annua del 10% e proiezioni a 7 miliardi nel 2035. Per quanto riguarda il mercato italiano dobbiamo fare delle distinzioni in base all’età: le persone dai 35 anni in su sono ancora diffidenti verso questi vini mentre i Millennials che, per vari motivi, evita di bere, si sentono ancora guardati con diffidenza. I giovani della Generazione Z, invece, bevono senza problemi bevande analcoliche.

Secondo un’indagine di TradeLab dedicata a “Giovani e vino nel mercato dei consumi fuori casa”, tra i giovani italiani tra i 23 e i 34 anni cresce l’interesse verso queste nuove proposte: nonostante la percentuale di persone che hanno già provato queste bevande sia ancora bassa (8%) il 43% si dice intenzionato a consumarle, mentre il 66% è già consapevole dell’esistenza di prodotti dealcolati e low alcohol (fonte Federvini, mentre, secondo i dati Dell’Unione Italiana Vini, il 36% degli italiani si è dichiarato interessato alle bevande NoLo, anche grazie alle nuove norme del codice della strada. Sono esigenze, queste che i produttori italiani potranno soddisfare diversificando la propria produzione vitivinicola, inserendo prodotti dal contenuto innovativo che riscuotono un certo interesse da parte di alcuni segmenti di consumatori.

Pesciolino, il locale ‘CHIC’ di Marina di Castagneto, tra le stelle di Festa a Vico

Chiariamo intanto cos’è un vino dealcolato. Non è mosto fermentato, non è succo d’uva gassificato ma una bevanda, diciamo, a base di vino dealcolato. Innanzitutto il vino viene vinificato tradizionalmente, poi viene estratto l’alcol ricorrendo a diverse procedure, come la distillazione sotto vuoto e l’osmosi inversa.

Tra le procedure più diffuse c’è la distillazione sottovuoto, che avviene in quattro fasi: prima il vino viene riscaldato, a bassa pressione, fino a 28 gradi celsius. Poi vengono raccolti gli aromi dell’uva e, dopo l’evaporazione dell’alcol, questi vengono nuovamente conferiti alla bevanda così ottenuta, divenuta quindi analcolica. E’ una procedura che può essere utilizzata per tutte le tipologie di vino, dal bianco al rosso, alle bollicine, con l’obiettivo di preservarne il più possibile l’identità di partenza.

Ed è qui che sorgono i problemi perché difficilmente il gusto rimane quello di un vino con gradazione alcolica. Quando noi pensiamo alla parola vino, la nostra mente la associa a determinate caratteristiche organolettiche che difficilmente si ritrovano nei vini NoLo. Forse la tipologia più riuscita è quella degli spumanti, grazie all’ effervescenza data dall’aggiunta di anidride carbonica in fase di produzione.

Quali sono allora i pro che ci convincono a scegliere questa tipologia? Sicuramente la salute perché i vini NoLo possono essere una valida alternativa a chi per motivi di salute non possa bere prodotti alcolici senza rinunciare ad un bicchiere di vino come persone con problematiche mediche ben specifiche, donne in gravidanza, minorenni e, ovviamente, a chi non beve vino per motivi religiosi. In termini economici si tratta una fetta di mercato considerevole anche se alcuni specialisti hanno delle perplessità su questi vini. C’è chi si chiede che effetti potrebbe produrre su chi sta combattendo una dipendenza oppure sui giovani e minorenni. Il rischio per i primi sarebbe quello di far tornare la voglia a bere vino tradizionale e nei secondi avvicinarsi troppo precocemente all’alcol senza esserne pienamente consapevoli.

Piacciano o no, convinti o meno della loro esistenza, non possiamo più ignorarli perché il loro posizionamento consente di entrare in una nicchia dove sono presenti da tempo aziende estere che producono vini dealcolati di qualità. Non solo, allo scorso Vinitaly per la prima volta questi prodotti sono stati presenti in una sezione speciale, l’enoteca dei dealcolati, nel settore dedicato alla Mixology all’interno della fiera più importante del vino italiano. Un’occasione per far conoscere, attraverso i buyer che erano presenti a Verona, le nostre etichette anche all’estero, soprattutto in quei mercati dove il segmento “nolo” è più diffuso, come Stati Uniti, Europa del Nord e Germania.

Per saperne di più, abbiamo partecipato qualche tempo fa ad una degustazione di sei vini dealcolati guidata da quattro giornaliste ed esperte di vino: Nadia Fondelli, Barbara Amoroso Donatti, Barbara Tedde e Alessandra Biondi Bartolini, che è anche Accademica dei Georgofili. Le quattro professioniste ci hanno fatto entrare in questo mondo raccontandoci ogni aspetto: dalla vinificazione, alla dealcolazione fino alla degustazione.

Prima di raccontare i vini, è necessario specificare che per questi vini non ci sono obblighi provenienti da denominazioni anche per quanto riguarda l’uso di uve particolari. Gli unici obblighi riguardano il procedimento di dealcolazione. Siamo ancora agli inizi e magari fra qualche tempo potrebbe essere probabile che consorzi e quindi vengano creati disciplinari ad hoc per questa tipologia. Adesso, però, è prematuro.

Il primo vino degustato è stato Frizero Bianco, uno spumante prodotto in Veneto con un blend di Garganega, Fernanda e Pinot Grigio. Forse è uno dei vini che ci hanno convinto di più. Al naso si percepiscono profumi di pane e leggeri sentori floreali mentre in bocca ha una bella acidità e freschezza e sul finale si ritrovano note fruttate di mela e pera. Sicuramente una buona alternativa da gustare.

A seguire abbiamo degustato un altro spumante, Franc Lizier spumante rosé Anche in questo caso i profumi sono fruttati, soprattutto di fragolina di bosco e lamponi croccanti, e di fiori. Al gusto lo spumante ha una bella acidità persistente ma comunque piacevole al gusto.

Come avevamo anticipato sopra, gli spumanti dealcolati sono piacevoli e bevibili e, anche se non sono proprio uguali ai fratelli tradizionali, sono comunque una buona alternativa. la degustazione è continuata con i vini fermi.

Terzo vino in degustazione è stato il Tralcetto Bianco della cantina abruzzese Zaccagnini prodotto con uve bianche italiane. Il profumo è tenue tanto che bisogna andare a cercare i sentori fruttati e fioriti mentre al gusto mostra tanta freschezza.

Il quarto vino è prodotto in Germania da Leiz Wingut, storica azienda appartenente dal 1744 alla famiglia Leitz famosa per la produzione del Riesling. Ci è stato servito lo Chardonnay “Eins-Zwei-Zero” con un bouquet speziato di note aromatiche e piacevolmente fruttate di pera, mela e miele mentre al palato mostra freschezza, mineralità. Interessante il finale e mostra il suo lato morbido.

A seguire un altro rosso: il Tralcetto Rosso, sempre di Cantina Zaccagnini prodotte con uve a bacca rossa italiane. Al naso appare vinoso, leggermente fiorito e fruttato con sentori di fragola e lamponi. Al palato è rotondo, morbido con tannini leggeri e un finale di bocca interessante.

L’ultimo vino degustato è il Pinot Nero “Zero-Point-Five” della cantina Franc Leitz, uno dei migliori della serata insieme al suo Chardonnay. Al naso si percepiscono sentori fruttati di frutti rossi e neri e floreali mentre al sorso questo Pinot nero mostra un bel corpo, tannini leggeri, tanta freschezza e una bella acidità.