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Dal "Gurum, alla salsa di pesce, ai Lampascioni: ecco la cucina etrusca

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mangiare etruscoPer anni si è interessato del mondo etrusco, mescolando la passione per l’archeologia con quella per la cucina: ecco perché per il “cuoco etrusco” Giuseppe Iuppa– siciliano di origine, toscano d’adozione,esponente del Gruppo Archeologico Carmignanese – è stata una scelta naturale, cimentarsi con la cucina etrusca. Lo ha fatto per anni quando si è trattato di animare convivi e simposi nelle zone dove il retaggio etrusco è più forte, e ha continuato quando ha deciso di aprire il ristorante “I’Daviddino” in via Martelli. Tanto che oggi nel menù si trovano piatti ispirati alle pietanze etrusche per materie prime e tecniche di cottura, mentre su richiesta è anche possibile partecipare a delle caratteristiche cene etrusche per assaggiare riproduzioni di piatti etruschi.
Il caso più conosciuto è quello del “garum”, una salsa a base di pesce, ma ci sono anche la salsa alla menta, i lampascioni “nuziali” (i bulbi di una pianta erbacea ancora oggi utilizzata in alcune cucine regionali), e così via, fino alla “Toscanaccia”, una sorta di covaccino in voga nel periodo etrusco: era formata da quella che oggi è la nostra “ribollita” mangiata su un fondo di pane azzimo. In quanto alle tecniche di cottura, ampio spazio era riservato ai calderoni e agli spiedi per gli arrosti.“La cucina etrusca – spiega Iuppa – è caratterizzata da sistemi complessi di conservazione e metodi raffinati di cottura che oltre a ottenere delle prelibate pietanze,curavano molto l’aspetto scenografico del banchetto. Ma l’attenzione principale era riservata alla preparazione e ai metodi di cottura anche più cotture per lo stesso alimento, per facilitarne la digestione”.
Non solo cibo, comunque: il titolare de “I’Daviddino” si è dedicato anche alla riscoperta del vino che gli antichi Etruschi bevevano migliaia di anni fa, una bevanda speziata ed elaborata con tecniche di vinificazione antiche e da vitigni autoctoni.Giuseppe Iuppa ha voluto creare un collegamento tra i vini dell’epoca e quelli attuali: attraverso l’imprimatur del marchio Etruschello, vengono identificati i vini risultato di un’accurata selezione delle uve da vitigni autoctoni del periodo etrusco, e in grado di evocare gli antichi profumi delle locande etrusche dando la sensazione di un viaggio a ritroso nel tempo. “Del resto – spiega Iuppa – gli Etruschi erano depositari di costumi sociali affascinanti, e con il loro gusto hanno dato vita a sapori raffinati che trascendono l’evoluzione del gusto e dell’arte di fare il vino avvenuta nei secoli successivi”.

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