Home VETRINA Verdini: “Non sono un piccolo diavolo, ho sempre agito correttamente”

Verdini: “Non sono un piccolo diavolo, ho sempre agito correttamente”

admin
415
0

“Ho sempre avuto una grande passione per l’editoria nella mia vita. Ho organizzato e finanziato una mia editoria a Firenze sapendo che nessuno al mondo può guadagnare in questo settore” e “ho fondato Il Foglio col mio fraterno amico Giuliano Ferrara”, “permettetemi di esprimere questo sentimento sapendo che non vale nulla giuridicamente”, “sono stato descritto come un piccolo diavolo, ma io ho sempre agito correttamente e nel rispetto delle norme”. Così il senatore Denis Verdini ha risposto stamani in aula a Firenze al pubblico ministero sul capitolo ‘editoria’ nel processo per il crac della banca Credito Cooperativo in cui è imputato. Verdini è stato presidente venti anni della banca Ccf e finanziò con amici soci Il Giornale della Toscana ed altre testate minori fiorentine.

“Sono qui per rispondere alle domande, sono state scritte e dette cose inesatte”, ha affermato Verdini, che si è detto emozionato: “Non mi piace stare in tribunale, non è che io sia un bandito come vogliono dire. Voglio spiegare tutto”. Verdini, sulle accuse di truffa per i contributi pubblici destinati all’editoria, ha ripercorso la fondazione della Ste che editava Il Giornale della Toscana (“quando ho raccattato, so che è un termine brutto a dirsi, i soci”) e ricordato di aver finanziato e organizzato direttamente il quotidiano nella prima fase. “Il giornale però perdeva” e nel 2001 viene deciso di organizzare una cooperativa editoriale per accedere ai finanziamenti pubblici, così come altre testate minori collegate. “Cercano sempre me, perché sono considerato un esperto di editoria, so di cosa si tratta”, ha detto Verdini che ha raccontato di altre operazioni editoriali, come quando nel 2008 finanzia i soci “tra cui mia figlia”, “però quando tornarono un’altra volta a chiedere finanziamenti dissi loro di no”.

Il pm gli ha contestato di aver ricevuto, insieme all’on. Massimo Parisi, 2,6 mln dalla Ste, che ha spiegato essere denaro di “una partita rimasta pendente” frutto di una plusvalenza immobiliare legata alla cessione dell’edificio sede della società, edificio che aveva acquistato valore e quindi fu deciso di venderlo dopo averlo acquistato in precedenza “per dare solidità patrimoniale alla società editrice”. Nel corso della deposizione Verdini ha chiesto anche di “poter avere dell’acqua” e lo stesso pm Luca Turco gli ha offerto la sua. “La preferivo gassata”, ha detto con una battuta Verdini per stemperare la tensione. Il pubblico ministero aveva evidenziato a Verdini la singolarità delle erogazioni di finanziamenti a contratti preliminari – senza aspettare, come di solito accade, il definitivo – che il Credito cooperativo fiorentino faceva nel settore immobiliare e che sono state riscontrate nelle indagini.

“Nell’immobiliare, finanziare un preliminare per noi era una cosa fatta bene”, ha risposto Denis Verdini, ricordando come veniva gestita la banca. “Era nostro metodo frazionare sempre il rischio – ha aggiunto -. Preferivamo finanziare la persona che non l’azienda”. “Capite – ha fatto un esempio Verdini – che se un’impresa costruisce 100 appartamenti, preferivamo finanziare l’acquisto delle singole 100 case da parte di 100 clienti, non la singola impresa. Il preliminare nella mia banca non faceva paura. Certo, dovevamo verificare che la persona fosse capace di reddito e fare tutti i controlli necessari, ma quasi sempre erano persone che compravano la casa per starci, o per i figli, non erano acquisti speculativi, per rivendere l’immobile. E’ così che nel corso degli anni il Ccf ebbe un grandissimo successo. Abbiamo finanziato qualche migliaio di persone”.

“La mia banca era in contatto continuo con Bankitalia. Ogni quattro anni viene fatta un’ispezione alle banche, anche alla nostra. E sullo sviluppo immobiliare, sulle grandi partite tra Firenze e Prato, il Credito cooperativo fiorentino era protagonista”: così, richiamando la vigilanza della banca centrale, il senatore Denis Verdini si è difeso al processo sulla bancarotta del Ccf dall’accusa mossa dal pm di violazione sulle norme di concentrazione dei rischi, in particolare per aver concentrato finanziamenti sulla Btp e le altre società collegate all’amico e co-imputato Riccardo Fusi. “Bankitalia ci chiedeva spiegazioni analitiche su ogni grande rischio – ha detto Verdini – carteggi in cui Bankitalia scrive tutto e il contrario di tutto, in un modo che la Crusca li boccerebbe tutti, a Bankitalia scrivono in modo esoterico. Ma lo dico con rispetto, Bankitalia è la mia chiesa, io nasco laico, per me è un santuario. Ci scrivevano che non si rientrava, che dovevamo rientrare dei soldi dati fuori”.

Ma l’edilizia “ha reso grande la banca”, ha detto ancora difendendosi Verdini illustrando il contesto di grande sviluppo immobiliare nella Piana tra Firenze e Prato. “Prendo la presidenza nel 1990 fino a luglio 2010, la prendo anche dopo controlli di Bankitalia con praticamente zero di patrimonio. L’ho fatta crescere con una passione senza uguali e in un rapporto con Bankitalia difficile perché quel territorio è esploso. Muore il tessile ma prima, a venire da Campi Bisenzio a Firenze erano 10 km di praterie. Ora è tutto costruito. C’era una vocazione immobiliare del territorio. E noi ci siamo dedicati. C’è stato costante rapporto con Bankitalia su tutte queste partite, sapendo che è un tempo lungo quello del prestito immobiliare e quello del rientro, mentre c’è un elemento serio, solido, che è la garanzia immobiliare”. Anche così, ha fatto capire Verdini, si consolida il rapporto con le società immobiliari e di costruzioni, anche quelle di Fusi.

Una lettera di Denis Verdini, quando era presidente del Credito Cooperativo Fiorentino, a Giuseppe Mussari per chiedere di finanziare il costruttore amico Riccardo Fusi, cosa che la banca di Campi Bisenzio non poteva sostenere. La lettera è stata mostrata dal pm Luca Turco all’imputato Denis Verdini al processo sul crac del Ccf a Firenze. “Sì – ha detto Verdini – scrissi a Mussari, ma in precedenza la nostra direzione aveva scritto preventivamente a uffici Mps perché noi non potevamo tenere la partita di un finanziamento di altri 10 mln a Fusi su un’operazione globale da 150 mln con Mps, finalizzata da Fusi per andare in borsa”. E al pm che sottolineava il tono confidenziale della missiva, Verdini ha risposto: “Mussari lo conosco personalmente, quindi potevo ritenere di scrivergli ‘Caro Beppe’ in una lettera protocollata”. Sull’intercessione per finanziare la Btp di Fusi, il senatore ha spiegato che “il sistema bancario pretende che si ristrutturi il gruppo” di costruzioni, e il “Credito cooperativo fiorentino è tra le banche che Bankitalia considera minuscole”. “Fusi viene da noi in banca e mi dice ‘Mi servono altri 10 mln’ – ha raccontato Verdini – ‘Non si può fare, andiamo fuori’, gli risposi. Mentre per una banca come Mps è normale costruire un’operazione da 150 mln”. “E comunque nel sistema bancario nulla è oscuro. C’è una centrale rischi aggiornata costantemente, si vede tutto di ogni esposizione. Non si nasconde nulla”.

Fonte Ansa

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui