Home FOCUS Prato, riapre il museo Pecci con la mostra ‘La fine del mondo’

Prato, riapre il museo Pecci con la mostra ‘La fine del mondo’

Redazione
962
0

di Elisabetta Failla

museo-pecci-7Domani 16 ottobre Il museo Pecci di Prato riapre con una mostra, La fine del mondo. Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, creato nel 1988 dall’imprenditore Enrico Pecci e donato alla città in memoria del figlio Luigi, fin da subito è stato il primo centro dedicato all’arte contemporanea in Italia.

Prima istituzione con una sede costruita ex-novo per esporre, collezionare, conservare, documentare e diffondere le ricerche artistiche più avanzate, da tempo era diventato un cantiere per un intervento di riqualificazione e ampliamento del vecchio edificio progettato da Italo Gamberini. L’ampliamento è firmato dall’architetto olandese Maurice Nio, uno dei più originali interpreti della cultura architettonica del nostro tempo.

Adesso il “Pecci” è finalmente rinato per essere, come ha spiegato il direttore Fabio Cavallucci
( nella foto) nel corso della presentazione, “un centro non dell’arte ma di tutte le arti: dal cinema, alla danza, alla musica provando a rinnovare in qualche grado il sistema espositivo tradizionale, ossia reinventando il concetto di mostra”.

Non solo. L’obiettivo del Centro è quello di riavvicinare l’arte contemporanea alla società grazie anche alla collaborazione con le istituzioni, toscane prima di tutto, ma anche nazionali ed europee. “L’arte deve dialogare con le persone ma soprattutto deve essere parte di una comunità nel senso più profondo – ha proseguito Cavallotti – Fino ad ora credo che non sia stata così mentre invece è necessario che le opere d’arte siano nei luoghi dove c’è vita sia che siano edifici o luoghi pubblici”.
Proprio per questo il museo Pecci sarà aperto anche la sera. “Vogliamo rinnovare un sistema secolare secondo il quale l’arte si vede in orario di ufficio – ha evidenziato il direttore – quando le persone non possono. Ecco perché la sera al ‘Pecci’ potremo creare una nuova comunità attraverso mostre, concerti, film e conferenze”.

Alla presentazione hanno partecipato il Sindaco di Prato Matteo Biffoni, Monica Barni assessore alla cultura della Regione Toscana e Irene Sanesi, Presidente Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana.

“ Il 16 ottobre rinnoveremo la sfida lanciata il 25 giugno del 1988 quando Prato inaugurò il primo Museo italiano di arte contemporanea con sede edificata ex novo grazie all’impegno e alla lungimiranza di Enrico Pecci e del Comune – ha detto il Sindaco Biffoni – Dalla crisi del Pecci del 2006 a oggi il percorso è stato lungo e impegnativo. Il 30 luglio 2015 il Comune di Prato e la stessa Associazione, auspice la Regione, hanno dato vita alla Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana, il nuovo organismo chiamato a governare il Museo e a coordinare le politiche del contemporaneo del territorio regionale. A gennaio 2016, concludendo un percorso iniziato dieci anni prima, il Comune di Prato è diventato comproprietario con l’Associazione di tutta la collezione del Centro acquisita fino alla data del 31 dicembre 2004. Simbolicamente, la comproprietà della collezione chiude il cerchio di un percorso iniziato trent’anni fa”.

Ma torniamo alla mostra, La fine del mondo, che rimarrà aperta fino al 19 marzo 2017. Un titolo che nelle intenzioni degli organizzatori non ha nulla di catastrofico. “La fine del mondo rappresenta qui il tentativo di dare un nome a un sintomo molto diffuso – ha spiegato il direttore del Pecci – lo stato di incertezza, la condizione di sospensione, l’incapacità di comprendere i grandi cambiamenti presenti, che ci fa pensare che una situazione che abbiamo conosciuto finora sia ormai giunta al termine”. La mostra aiuta a vedere il mondo con un senso di distacco per ritornare a vivere il presente in un modo diverso e più profondo. “È la fine del ‘nostro’ mondo, dei processi percettivi e cognitivi che dall’antica Grecia a oggi hanno costituto le basi del sistema di pensiero occidentale, che poi è quello oggi globale”.

img_4-umberto-boccioni-forme-uniche-nella-continuita-dello-spazio-2Attraverso le opere di artisti internazionali e con un allestimento che si estende sull’intera superficie espositiva del museo di oltre 3000 metri quadrati, la mostra si configura come una specie di esercizio della distanza, che spinge a vedere il nostro presente da lontano. Il percorso inizia nella nuova ala realizzata da Maurice Nio, una sorta di navicella spaziale atterrata da chissà quale pianeta e pronta con la sua antenna a emettere onde o a ricevere messaggi “cosmici”.

La mostra raccoglie opere di 50 artisti ormai affermati internazionalmente, dal nativo americano Jimmie Durham al cubano Carlos Garaicoa ai cinesi Qiu Zhijie e Cai Guo-Qiang, fino a opere di artisti più giovani come il brasiliano Henrique Oliveira o lo svizzero Julian Charrière con un lavoro realizzato a quattro mani insieme al tedesco Julius Von Bismarck. Non mancheranno poi lavori ormai appartenenti alla storia dell’arte, come quelli di Marcel Duchamp, di Pablo Picasso o di Umberto Boccioni (nell foto). Ma numerosissimi saranno anche gli artisti giovani e ancora poco conosciuti, molti dei quali provenienti dalle aree geografiche in cui sono presenti forti contrasti e conflitti, come l’Europa dell’Est, il Nord Africa, il Medio Oriente, il Sud America.

Thomas Hirschhorn - Galleria Alfonso Artiaco - 04/2013
Thomas Hirschhorn – Galleria Alfonso Artiaco – 04/2013

 

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui