Magari si trattasse del solito atto di arroganza di Matteo Renzi. L’imboscata del PD in Parlamento con la mozione di sfiducia al Governatore della Banca d’Italia è purtroppo molto di più. E’ l’ennesima dimostrazione di quanto siano fragili e perennemente in bilico i sacri principi della democrazia liberale: separazione dei poteri e sistema di pesi e contrappesi. Renzi e i deputati che hanno votato la mozione arrivano buoni ultimi. Recentissimamente avevo criticato Di Maio, aspirante presidente del consiglio dei 5 Stelle, che aveva minacciato di procedere d’imperio alla “riforma” dei sindacati in ossequio alla sua visione totalitaria, una volta divenuto capo del governo. Ho ricevuto reazioni inviperite da parte di diversi mazzieri da tastiera, sempre vigili a difendere i propri beniamini: a prescindere, e senza il minimo sospetto di coprirsi di ridicolo ostentando tanta ignoranza dei più elementari principi della democrazia. Del resto, la mozione del PD era solo la terza in ordine di tempo, dopo quelle dei 5 stelle e della Lega. E nessuno, prima che venisse presentata e approvata quella del PD, aveva mostrato di scandalizzarsi per la patente violazione da parte della Camera dei deputati, del principio di separazione dei poteri. La presidenza della Camera (non pinco pallino) meno di tutti, avendo dichiarato ammissibili tutte le tre mozioni.
Naturalmente queste considerazioni non assolvono Matteo Renzi, e meno ancora Maria Elena Boschi. Il primo continua a giocare con l’interesse del Paese per motivi di rivalsa personale. La sottosegretaria alla presidenza del consiglio, si è dimostrata doppiamente maldestra: non leale verso il governo di cui fa parte e insensibile a qualsiasi sentimento di decenza politica. Si è direttamente interessata a un tema, le banche, dal quale dovrebbe tenersi alla larga a causa degli interessi familiari in materia. Le medesime considerazioni nemmeno intendono essere assolutorie nei confronti del mondo bancario. Che non solo ha evidenti colpe nelle vicende che hanno colpito tanti risparmiatori. In aggiunta ha le medesime speculari responsabilità della politica. O qualcuno pensa che dietro il paravento della sacralità e dell’autonomia, questi poteri non abbiano influenzato e non si siano mai mescolati gioiosamente con la politica?
C’era una volta una cultura laica, liberale e socialdemocratica che si distingueva fra tutte per un maggiore senso dello Stato e per il rispetto maniacale dei confini fra poteri. Questa cultura sembra, purtroppo, essere sparita assieme ai partiti che ne erano la proiezione politica. L’Italia, però, ne ha ancora bisogno.
Nicola Cariglia