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Infermieri in piazza contro un rinnovo contrattuale “regressivo”

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«Aderiamo con convinzione allo sciopero e invitiamo tutti i nostri iscritti a fare altrettanto per tutelare la professionalità, altissima, che gli infermieri esprimono ogni giorno nel loro lavoro e che questo contratto, forse troppo superficialmente discusso fino ad oggi da chi non rappresenta i soli infermieri, non sembra sapere affatto riconoscere». È questa la posizione del Consiglio Direttivo IPASVI Firenze – Pistoia in merito allo sciopero indetto per il prossimo 23 febbraio, quando gli infermieri italiani scenderanno in piazza per protestare contro un rinnovo contrattuale che l’Ordine Interprovinciale definisce come “regressivo”. E che si scontra con una realtà dolorosa per gli infermieri alla quale, spiega l’ente ordinistico fiorentino-pistoiese «non corrisponde una volontà politica chiara ed univoca di mutare i modelli assistenziali, concedendo una reale autonomia gestionale agli infermieri che ormai hanno tutti i titoli per chiederla e ottenerla».

«Questo è il momento per i colleghi di trasferire la protesta dai propri profili Facebook a un’azione tangibile – prosegue la nota di IPASVI Firenze – Pistoia -. Sarebbe però un errore, a nostro avviso, focalizzare la protesta sul solo lato economico. Gli infermieri italiani, lo vediamo molto bene nella nostra realtà, sono in sofferenza. Da anni sostanzialmente inascoltati, nonostante continuino a prestare la loro opera con abnegazione, sia in aziende pubbliche che spesso li deprofessionalizzano sia nel privato che, fatte salve poche virtuose realtà, non li riconosce come professionisti ma solo come forza lavoro da retribuire con paghe orarie certamente non degne di un esercente una professione sanitaria».

A questo si aggiunge il tema della cura sul territorio. «Si invoca a gran voce lo spostamento delle cure per la cronicità sul territorio – spiega il consiglio direttivo Ipasvi -. Una misura auspicabile per fornire una migliore assistenza e alleggerire gli ospedali, in molte realtà al limite del collasso gestionale. Il progetto di infermiere di comunità e famiglia, nonostante i nostri sforzi per la sua implementazione, viene rimandato di mese in mese e con esso la razionalizzazione verso modelli che oltre a fornire un’assistenza di maggiore qualità, premierebbero la professionalità di infermieri i quali chiedono solo di poter lavorare in condizioni di sicurezza e dignità. E a nulla pare valere la facile considerazione per cui il potenziamento dell’infermieristica territoriale e di comunità porterebbe, attraverso un maggiore controllo della cronicità, a un minore ricorso ai ricoveri ospedalieri con relativo abbattimento dei costi e dei disagi per gli assistiti».

La nota affronta anche la questione delle competenze «che richiederebbe, più che slogan, un’importante valutazione degli ambiti in cui queste debbano essere riconosciute, dei percorsi formativi (universitari e di certificazione di competenza) per raggiungerle e di come queste debbano essere retribuite. Tutto questo resta al palo, dopo il naufragio del famigerato Comma 566, trovando una declinazione troppo generica nella bozza di contratto che ci è dato di visionare». A questo si somma, proprio in Regione Toscana, la volontà di tagliare sul personale sanitario per 45 milioni di euro: «attendiamo di capire, nel dettaglio, quanto questi tagli impatteranno sul personale infermieristico regionale e, di conseguenza, sulle persone da esso assistite».

«È giunto il momento, riteniamo non più rimandabile, di affrontare a livello nazionale la “questione infermieristica” – conclude l’ente ordinistico di Firenze-Pistoia -. Questo sciopero, il primo di questa portata dopo un periodo di tempo troppo lungo, dovrà essere un punto di partenza, non certo di arrivo, di un percorso condiviso che veda una sinergia vera tra Ordini, parti sindacali, direzioni aziendali e mondo del privato».

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