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Rsa e infermieri: tra criticità e proposte di miglioramento. Il punto di vista dell’Opi Firenze-Pistoia nell’intervista a Gian Paolo Scarselli

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Qual è il quadro attuale delle Rsa del territorio? A tracciare il quadro dal punto di vista degli infermieri, tra criticità e proposte di miglioramento, è Gian Paolo Scarselli, consigliere dell’Ordine delle professioni infermieristiche Firenze-Pistoia e referente per l’area Rsa e Territorio.
Come è cambiata negli ultimi anni la tipologia di ospiti nelle Rsa?
«Le Rsa si sono trasformate progressivamente da residenze a prevalente componente sociale a luoghi di cura per anziani disabili gravi. Le persone che necessitano di una struttura residenziale sono più anziane e più dipendenti dall’assistenza ma anche accompagnate da più problemi clinici presenti contemporaneamente, con un significativo aumento dell’instabilità clinica nei residenti».
Perché li definisce residenti e non ospiti?
«Per rimarcare il loro diritto di cittadinanza nelle strutture. Gli ospiti sono quelli che ci lavorano, non coloro che ci vivono. E poi riteniamo importante sottolineare il fatto che, accanto a un’impronta inevitabilmente più sanitaria vista la tipologia di persone da assistere, le Rsa devono continuare a mantenere una visione assistenziale basata sul benessere e sulla qualità di vita, dedicando quindi risorse anche ad attività ricreative, di animazione e di socializzazione».
Le Rsa sono spesso nell’occhio del ciclone per episodi di maltrattamenti…
«È un fenomeno gravissimo che non può essere ignorato; occorre definire una linea di indirizzo assistenziale, una sorta di mission condivisa con l’etica e il rispetto della persona fragile e della sua dignità al centro. Un codice etico sottoscritto da tutti gli operatori. Si dovrebbero aumentare le competenze manageriali e tecniche nell’ambito del personale addetto, sia direttivo che operativo. Di pari passo occorre rendere obbligatori per tutte le Rsa una serie di requisiti organizzativi da verificare periodicamente».
Quali sono? E cosa permetterebbero di ottenere?
«Ad esempio la presenza di un sistema di indicatori valutato annualmente con analisi comparata con altre Rsa ma anche sistemi che rilevino disservizi e reclami, la soddisfazione di residenti e parenti e il clima interno. Serve un sistema per la gestione dei rischi e uno di procedure validato sulla base di evidenze scientifiche, revisionato e condiviso con tutti gli operatori interessati. E poi una procedura specifica che preveda la pianificazione assistenziale individuale dei vari residenti nel corso di riunioni pluridisciplinari dedicate gestite da un infermiere che si assume la responsabile di quanto definito. Questo impianto determina un salto di qualità nella gestione delle Rsa che, insieme alla formazione e alla necessaria supervisione e controllo, può contribuire al non ripetersi di episodi criminali da perseguire duramente».
Quali sono le criticità nel sistema delle Rsa toscane?
«A nostro parere sono tre gli elementi organizzativi che mostrano importanti segni di criticità: la presenza medica nelle Rsa, la continuità assistenziale del personale infermieristico e la presenza di un infermiere coordinatore. La crescente complessità clinica dei residenti e la loro instabilità rendono evidente l’inadeguatezza del sistema toscano basato sull’assistenza medica all’interno delle Rsa gestita, come a domicilio, dai medici di medicina generale. Occorre una presenza medica più costante inserita nell’equipe assistenziale per garantire una presa in carico adeguata per migliorare la sicurezza di residenti e operatori, principalmente infermieri. Occorre poi incentivare la presenza costante del personale infermieristico rivedendo i parametri regionali previsti e prevedendo una soglia minima contrattuale per contrastare il turn over degli Infermieri che lavorano in RSA».
E invece qual è il ruolo dell’infermiere coordinatore?
«È molto importante prevedere la presenza nell’equipe dirigente di un infermiere coordinatore, fattore determinante per la qualità assistenziale fornita. Tale figura è centrale in ambienti ad alta complessità e variabilità come si configurano oggi le Rsa. La strada da perseguire è l’appropriatezza e una figura di questo tipo risulta essenziale per una allocazione ottimale delle risorse seguendo linee guida validate scientificamente».
Quali sono le principali difficoltà che riguardano invece l’infermieristica in Rsa?
«Esistono difficoltà operative relative alla continuità assistenziale e alla pianificazione assistenziale. La problematica più evidenza è la mancanza di un requisito regionale che preveda l’obbligo per le Rsa di avere un infermiere presente nelle 24h, quindi anche nelle ore notturne. Le condizioni cliniche dei residenti necessitano di una continuità delle cure e di un controllo clinico costante che non può essere delegato a figure professionali senza competenze specifiche. Così come non può essere delegata la pianificazione assistenziale individuale che è compito essenziale dell’Infermiere che si trova a svolgere un ruolo di case manager decisivo per garantire la miglior qualità di vita al residente attivando e coinvolgendo tutte le figure coinvolte come Oss, Osa, animatori, fisioterapisti, MMG, medici specialisti etc.».
In che modo le Rsa potrebbero crescere e integrarsi nel percorso territoriale dei servizi sanitari?
«Per la loro complessità assistenziale e per il tipo di problematiche che si trovano ad affrontare potrebbero assumere sempre più un ruolo centrale nella rete dei servizi, ampliando il loro raggio di intervento ad alcuni campi in cui le competenze acquisite possono essere fondamentali per un uso appropriato delle risorse da distribuire sul territorio estendendosi verso l’assistenza domiciliare, la gestione delle cure primarie (malattie croniche) delle persone del territorio di riferimento, le dimissioni protette dall’ospedale ma anche configurandosi come punto di riferimento formativo per tante professionalità che hanno bisogno di una formazione esperienziale concreta come Oss, assistenti di base, infermieri e medici».

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