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Vaticano, depositate lettere Papa-Becciu: così il cardinale voleva farsi scagionare

Adnkronos
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(Adnkronos) – Una serie di lettere tra Papa Francesco e il cardinale Angelo Becciu sui temi al centro del processo in corso in Vaticano sono state depositate oggi agli atti: si tratta in particolare di due lettere di Bergoglio all’ex sostituto e di una di Becciu al pontefice inviate tra il 21 e il 26 luglio del 2021, negli stessi giorni in cui il cardinale registrò senza il consenso di Francesco una telefonata in cui gli sollecitava le stesse prese di posizione a suo favore su alcune delle questioni più delicate per la sua difesa. In particolare, le due vicende riguardano la liberazione della suora colombiana rapita in Mali dai jihadisti, operazione per cui Becciu sostiene siano stati versati dalla segreteria di Stato a Cecilia Marogna, imputata con lui nel processo, 575mila euro (finiti in beni di lusso, secondo l’accusa) e la proposta di acquisto arrivata per il palazzo di Londra, considerata dagli inquirenti vaticani una sorta di stratagemma per sviare le indagini.  

La prima lettera depositata risale al 21 luglio e a scrivere è il Papa: “Caro Fratello, riscontro la Sua lettera del 20 luglio u.s. che mi ha sorpreso – recita il testo firmato da Francesco – Premesso che non intendo entrare nelle finalità sottese alle Sue affermazioni ed alle Sue conseguenti ‘strategie’ processuali, debbo tuttavia chiarire, in spirito di verità, quanto segue:  

a- Con riferimento alla proposta di acquisto dell’immobile di Londra proveniente dall’On.le Giancarlo Innocenti Botti, di cui Lei ebbe a parlarmi nel corso di un’udienza richiestami appositamente, ricordo che tale proposta mi parve subito strana per i contenuti, le forme ed i tempi scelti; al punto che, non disponendo di altri elementi di valutazione, suggerii che si procedesse ad una previa consultazione del Segretario di Stato, Card. Pietro Parolin, e di padre Juan Antonio Guerrero Alves, Prefetto della SPE, per gli approfondimenti di rispettiva competenza. Occorreva, infatti, chiarire i contenuti e le prospettive di tale operazione. Devo altresì soggiungere che la mia originaria perplessità si rafforzò ulteriormente quando compresi che l’iniziativa in questione era, tra l’altro, indirizzata ad interferire, con effetti ostativi, con le indagini dell’Ufficio del Promotore di Giustizia. La complessiva valutazione di tali elementi mi indusse ad esprimermi in senso negativo sul proseguimento dell’iniziativa. 

b- Altro elemento che viene prospettato con la Sua lettera è la conferma del segreto pontifico in relazione alla vicenda del Mali ed a quella della Slovenia, che hanno visto la erogazione di capitali della Segreteria di Stato ad una società ivi costituita. In via preliminare devo rilevare la sostanziale differenza tra le due fattispecie. La prima, infatti, concerne attività istituzionali svolte da persone competenti e di indubbia professionalità nell’ambito dei rispettivi ruoli; la seconda, come Lei sa bene, caratterizzata da estemporanei ed incauti affidamenti di risorse finanziarie distratte dalle finalità tipiche e destinate, secondo le tesi accusatorie, a soddisfare personali inclinazioni voluttuarie. In tal contesto comprenderà bene come non sia possibile l’apposizione di alcun segreto pontificio”. 

“Tralasciando altri profili, rimetto a Lei la valutazione di quale prospettazione vada oggettivamente a beneficio della Santa Sede – scriveva ancora il Papa – Questo è quello che ricordo e posso confermare, non si dimentichi di pregare per me; lo faccio per Lei”. 

A tre giorni da questa lettera ricevuta dal Papa, il 24 luglio, Becciu registra (all’insaputa del pontefice, reduce da una complessa operazione chirurgica) una telefonata con Francesco che tocca gli stessi temi, poi rintracciata dalla Guardia di Finanza di Oristano su due telefoni e un tablet appartenenti a Maria Luisa Zambrano, amica di famiglia di Becciu, indagata nell’inchiesta della procura di Sassari sulla Caritas di Ozieri.  

Si tratta, come si può ascoltare nell’audio pubblicato in esclusiva nei mesi scorsi dall’Adnkronos, di cinque minuti e trentasette secondi di conversazione in cui si sente la voce affaticata del Papa rispondere alle sollecitazioni dell’ex Sostituto della Segreteria di Stato Vaticano, che gli chiede, tra l’altro, se ricorda di averlo autorizzato ad “avviare le operazioni per liberare la suora”. Il riferimento è appunto al denaro versato a Cecilia Marogna (mai menzionata nella telefonata con Francesco), imputata nel processo vaticano in concorso con Becciu in relazione ai 575mila euro versati dalla segreteria di Stato alla società di lei per attività di intelligence tra cui, appunto, la liberazione della suora rapita in Mali dai jihadisti. Soldi che invece, secondo l’accusa, sarebbero stati spesi dall’ex collaboratrice del cardinale in beni di lusso.  

Nella telefonata il cardinale fa anche riferimento alla lettera del 21 luglio: “Si, senta Santo Padre io Le sto telefonando come ehh con grande sofferenza …ehhh, cioè, io per me quasi non dovrei andare più a processo, perché, mi spiace, ma la lettera che mi ha inviato è una condanna… è una condanna… ehh perché …io Le volevo solo chiedere se alcuni dati…. Cioè, la cosa è questa, che io non posso chiamarLa in Tribunale come testimone, non mi permetterei mai, però ci deve essere una Sua dichiarazione. Eeh i due punti sono questi: cioè, mi ha dato o no l’autorizzazione ad avviare le operazioni per liberare la suora? Eh, io mi pare glielo chiesi guardi dovrei andare a Londra eeeh eeeh emmmh …contattare questa agenzia che si darebbe da fare, poi le dissi…ehhh che le spese che ci volevano erano 350 mila euro per le spese di questa agenzia, questi che si dovevano muovere, e poi per il riscatto avevamo fissato 500 mila, dicevamo non di più perché mi sembrava immorale dare più soldi alla… aaa… che andavano nelle tasche dei terroristi ….ecco io mi pare che l’avevo informato su tutto questo… si ricorda?”. 

A questo punto il Papa chiede a Becciu di mandargli un appunto scritto e il cardinale, la stessa sera del 24 luglio, invia a Francesco le lettera che segue: 

“Santo Padre, La ringrazio di cuore per la telefonata di stasera. L’ho sentita come un vero Padre disposto ad ascoltare la pena di un figlio. Con molta semplicità Le riassumo qui la questione. lo sono accusato dai Magistrati di aver imbrogliato Lei sia per la vicenda della Suora colombiana, sequestrata in Mali, sia per la proposta di acquisto del Palazzo di Londra che Le presentai a nome di un Fondo Americano. lo dovrei citarLa come Testimone nel Processo, ma non mi permetterei di farlo, tuttavia ho bisogno di due Sue dichiarazioni che confermino come siano avvenuti i fatti (veda Allegati). Nel contempo, Le rinvio la lettera che mi ha scritto perché vi apponga questa semplice nota: ‘prego non tener conto di questa lettera che ritengo nulla” con la Sua firma e la data. Abbia poi la bontà di farmela riavere così da conservarla per esibirla in tribunale qualora fosse necessario. Circa la questione della liberazione della Suora Colombiana io mi sento legato al Segreto di Stato per ragioni di sicurezza internazionale, mi dica Lei però se devo ritenerlo tale o se mi scioglie da esso e mi rende libero di rispondere a qualsiasi domanda che mi verrà fatta in Tribunale. Profondamente grato per la Sua attenzione, Le assicuro la mia preghiera”. 

In allegato alla lettera, il cardinale invia al Papa le due dichiarazioni che vorrebbe il pontefice firmasse: una relativa all’autorizzazione che Bergoglio, secondo l’ex sostituto, avrebbe esplicitamente dato all’operazione per liberare la suora colombiana rapita e l’altra relativa all’offerta per il palazzo di Londra. 

In particolare nelle due dichiarazioni allegate alla lettera di Becciu si legge: 

“1. Liberazione ostaggio 

Dichiaro che S.E. Mons. Angelo Becciu, allora Sostituto della Segreteria di Stato, fu da me autorizzato a procedere per la liberazione di Suor Gloria Narväez Argoti, di nazionalità colombiana. A tal fine egli fu autorizzato a recarsi a Londra per contattare un’agenzia specializzata in intermediazione. Dichiaro di aver approvato la somma necessaria per pagare gli intermediari e quella fissata per il riscatto. Per l’intera operazione ho richiesto assoluto riserbo e segretezza e nel momento in cui S.E. Mons. Peña Parra entrò in funzione di Sostituto, provvidi ad informarlo e ad autorizzarlo a seguire la pratica. 

2. Offerta Palazzo di Londra 

Dichiaro che nel giugno 2020 il Card. Angelo Becciu venne da me a riferire una proposta, ricevuta da parte dell’On. Giancarlo Innocenzi Botti, relativa alla Proprietà Immobiliare sita in Londra. Ritenendo la proposta interessante, chiesi al cardinale di riferirla al Rev. Padre Guerrero Alves, Prefetto della Spes, e a S.E. il Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato, per le valutazioni di rispettiva competenza, rimettendosi al loro giudizio”.  

La risposta del Papa arriva il 26 luglio ed è tranchant. “Caro Fratello – scrive Francesco – , ritenevo, con la prima lettera del 21 luglio u.s. in risposta – speravo definitiva, alla Sua del 20 luglio, di aver chiarito, in spirito di verità, la mia posizione negativa sulle dichiarazioni che intende farmi sottoscrivere: 

1. liberazione ostaggio; 

2. offerta palazzo di Londra da parte di Innocenzi Botti. 

Evidentemente e sorprendentemente, sono stato da Lei frainteso. 

In particolare, circa l’opposizione del vincolo di segretezza, ribadisco che l’affidamento di denaro ad un intermediatore, per gli aspetti opachi emersi secondo la tesi accusatoria, non può essere coperto da Segreto di Stato per ragioni di sicurezza, né suscettibile di apposizione del segreto pontificio. 

Pertanto, mi duole comunicarLe di non poter dar seguito alla Sua richiesta di dichiarare formalmente ‘nulla’ e quindi di ‘non tener conto’ della lettera che Le avevo scritto, tantum veritatem pre oculis habens e che nuovamente Le rimetto. Spero possa comprendere ed accettare lo spirito di verità che guida questa mia decisione. Che il Signore La benedica e la Madonna La custodisca. Fraternamente”.