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Aviaria, negli Usa secondo caso umano da epidemia di H5N1 nei bovini

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(Adnkronos) – Gli Usa segnalano il secondo caso umano di influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità (Hpai A/H5N1) associato all’epidemia che ha colpito le vacche da latte in diversi stati del Paese. L’infezione è stata confermata dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) in un lavoratore del settore lattiero-caseario nel Michigan. L’uomo, riferiscono i Cdc, “ha riportato solo sintomi oculari”, così com’era successo al lavoratore del Texas colpito da congiuntivite emorragica, ritenuto il primo caso umano di Hpai A/H5N1 legato all’epidemia tra le mucche negli Stati Uniti, nonché la prima persona al mondo ad aver contratto il virus aviario da un bovino.  

“Sulla base delle informazioni disponibili – sottolineano i Cdc – questa infezione non cambia l’attuale valutazione del rischio che l’influenza aviaria H5N1 rappresenta per la salute umana”. L’agenzia continua a considerarlo “basso per la popolazione generale”, mentre le persone con esposizioni ravvicinate o prolungate e non protette a uccelli o altri animali infetti (bestiame incluso), o ad ambienti contaminati da uccelli o altri animali infetti, corrono un rischio maggiore di infezione”. Per queste categorie, i Cdc evidenziano “l’importanza delle precauzioni raccomandate”. 

Il lavoratore del Michigan, che era stato monitorato perché il virus circolava tra i bovini dell’azienda dove è impiegato – ricostruiscono i Cdc – ha segnalato dei sintomi alle autorità sanitarie locali. Dal paziente sono stati prelevati due campioni di materiale biologico, uno dal naso e l’altro dagli occhi. Quello nasale è risultato negativo al virus dell’influenza, nelle analisi effettuate presso il laboratorio del dipartimento sanitario statale. Quello oculare è stato inviato ai Cdc, i cui laboratori sono fra i pochi centri a poter sottoporre i campioni al test Cdc A(H5). L’esame ha confermato l’infezione da virus aviario, mentre il campione nasale è risultato nuovamente negativo per l’influenza anche alla rianalisi dei Cdc.  

“Sono in corso tentativi di sequenziamento del virus nel campione oculare”, aggiungono i Cdc. “In caso di esito positivo, i risultati saranno resi disponibili entro 1-2 giorni. Ulteriori analisi genetiche cercheranno” di capire se il patogeno mostra “eventuali mutazioni che potrebbero cambiare la valutazione del rischio da parte dell’agenzia”. 

I Cdc spiegano che “la congiuntivite è stata associata” anche “a precedenti infezioni umane da virus dell’influenza aviaria A” e quindi rientra fra i sintomi valutati dall’agenzia per la diagnosi dell’infezione da H5N1 nell’ambito della sorveglianza in corso. “Sebbene non sia noto esattamente come le infezioni oculari derivino dall’esposizione al virus aviario”, per i Cdc “potrebbero essere dovute alla contaminazione degli occhi” magari raggiunti da “uno spruzzo di fluido contaminato”, o causata dal “contatto tra gli occhi e qualcosa di contaminato dal virus, come una mano. Alti livelli di virus A/H5N1 sono stati” infatti “riscontrati nel latte non pastorizzato di mucche infette”. 

“Considerati gli elevati livelli di virus H5N1 nel latte crudo delle mucche infette e l’entità della sua diffusione nelle vacche da latte” negli Stati Uniti, “potrebbero essere identificati ulteriori casi umani” di influenza aviaria, “simili” a quelli che negli Usa hanno colpito finora due lavoratori del settore lattiero-caseario, sottolineano i Cdc.  

“Le infezioni umane sporadiche senza diffusione in corso – precisano i Cdc – non modificheranno la valutazione del rischio per la popolazione generale”, che l’agenzia continua a considerare “basso”.