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Un anno di guerra in Ucraina. (Nessun) bilancio

Lorenzo Ottanelli
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guerra in ucraina

Ad un anno esatto dall’inizio della guerra in Ucraina il bilancio della guerra non è semplice da stilare. La Russia ha giocato le sue carte sapientemente, mentre gli stati occidentali, che in un primo tempo sono stati considerati uniti, hanno giocato differentemente e non hanno utilizzato una strategia comune o perlomeno capace di creare disastri all’economia di Mosca nel medio-breve periodo.

Certo è che le probabilità della pace sono sempre più lontane. Se gli incontri tra le delegazioni russe-ucraine facevano notizia i primi mesi, ormai non se ne parla più. È un dato di fatto: se i maggiori player internazionali avessero la minima intenzione di far negoziare i due paesi, la guerra certo finirebbe in un periodo non troppo lungo, almeno sarebbe possibile ottenere una mediazione. Ma l’intenzione non solo non c’è, tutto sembra andare in direzione opposta. Le stesse parole del Segretario generale dell’Onu Guterres di due settimane fa ne sono lo specchio:

“Temo che il mondo non stia camminando come un sonnambulo in una guerra più ampia, temo che lo stia facendo con gli occhi ben aperti”

Di chi la colpa? Di Stati Uniti e Cina, in particolar modo. Oltre che della Russia. Lucio Caracciolo da tempo parla di “guerra per procura” che gli ucraini stanno combattendo per la Nato, potremmo anche dire per l’Europa intera. Gli Stati Uniti hanno sempre avuto necessità di guerre per facilitare la propria economia. Non scordiamoci che il Pil, il sistema utilizzato per misurare il tasso di crescita, è stato inventato per un’economia di guerra e non di pace, tanto che taluni ipotizzavano una sua doverosa rivisitazione in tempi di welfare, mai condotta. Non possiamo però imputare agli Usa le motivazioni che hanno condotto all’invasione dell’Ucraina. Le stesse parole di Putin ci chiariscono che si basa su considerazioni più interne che legate alla politica estera: riunire il popolo russo, riprendersi Odessa, che la Russia di Putin considera ancora parte della Federazione, sono punti fondamentali. Non solo. Anche la Russia aveva necessità di utilizzare buona parte dei propri armamenti, anche solo per riammodernare il proprio parco macchine, in realtà vetusto.

La Russia è ormai un paese molto povero. Ha un Pil molto basso e ha necessità di riequilibrarsi. I finanziamenti maggiori sono tutti per gli equipaggiamenti e le spese militari. Questo già prima del conflitto. I commerci con i paesi occidentali sono da tempo compromessi, in particolare dalla prima campagna contro l’Ucraina per l’annessione della Crimea e che ha aperto la via alla guerra civile nel Donbass.

Nonostante i forti sviluppi legati ai paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e al fitto intreccio commerciale, queste nazioni si trovano costrette a non potersi muovere in autonomia in un blocco unico. Devono necessariamente fare i conti con una globalizzazione che trova nei paesi europei i maggiori partner commerciali. Un mondo così globalizzato non può permettersi di fermare i commerci (vediamo cosa è successo con la pandemia) e questo è un bene e un male. Non possiamo troppo dilungarci, ma l’Europa non può smettere di acquistare materie prime e componenti dalla Cina, anche se questa offre armamenti e compra gas, petrolio e prodotti raffinati dalla Russia.

Il punto è di non ritorno. Sul piano meramente tattico, senza considerare morti e feriti, bambini uccisi, la Russia si è mossa caparbia. Ha inizialmente puntato su una guerra lampo per arrivare fino a Kiev. Poi si è ritirata sul Donbass e sulla parte meridionale. Forse Putin sperava di ottenere un margine di territorio maggiore e arrivare a un concordato di pace con la possibilità di annettere Donbass, Crimea e parte dell’Ucraina meridionale. Oggi, invece, non può arrivare a un accordo che contenga l’annessione di buona parte dei territori che avrebbe voluto annettere.

In più, chi decide a cosa arrivare? Nessuno che perde, nessuno che vince. Gli Stati uniti al momento hanno detto che non esiste Ucraina senza Crimea. È un problema. Vuol dire che nessun accordo appoggiato dall’amministrazione Biden può prevedere la risoluzione del conflitto.

Venissero create delle zone cuscinetto, così come tra le due coree il conflitto verrebbe solo posposto e si creerebbero delle situazioni di conflitto permanente, una guerra fredda perenne.

Non ci sono soluzioni al momento. Intanto si prospetta una nuova grande offensiva Russa. Questo anche in previsione delle forme autoritarie/totalitarie che hanno necessità di rituali. In tempo di guerra, mostrare risultati ai propri cittadini in specifiche date è più che doveroso per la tenuta del governo. Quale momento migliore dell’anniversario dell’inizio della guerra in Ucraina?