Che anche la Germania soffra del morbo “populista”, come gran parte dei paesi europei, non può essere considerata una grossa sorpresa. Le elezioni lo hanno confermato, con l’oltre 12% dei voti assegnati agli estremisti di destra dell’AFD. Fortunatamente ciò non mette a rischio la stabilità del membro più influente dell’Unione Europea. Anche se in condizioni più difficili del previsto, la signora Merkel potrà inanellare il sua quarto mandato di Cancelliera. Merito di un sistema solido, in grado, assai più del nostro, di assorbire tensioni e spinte populiste ed antisistema.
Al riguardo, è’ utile e significativo ripercorrere la carriera di Angela Merkel dall’inizio di questo secolo ad oggi, in parallelo con ciò che, nel medesimo lasso di tempo, avveniva in Italia.
Il 2000, è l’anno in cui viene eletta alla guida del suo partito, Unione Cristiano Democratica (CDU); il 2002 alla presidenza del gruppo parlamentare; il 2005, per la prima volta a capo del Governo della Germania. In Italia, nel 2000, il secondo governo D’Alema , aveva appena preso il posto del primo governo D’Alema (22 dicembre 1999), e stava per lasciarlo al secondo governo Amato (25 aprile 2000). Poi, il secondo e terzo governo Berlusconi (2001-2006); Prodi II (2006-2008); Berlusconi IV (2008-2011); Monti (2011-2013) Letta (2013-2014); Renzi (2014-2016); Gentiloni (dal 12 dicembre 2016). Una giostra da perderci il capo! Per non parlare della giostra dei metodi elettorali, mai pensati con l’obbiettivo di rendere più funzionale il sistema, ma, piuttosto per danneggiare gli avversari e favorire gli interessi della propria parte.
Nei lunghi anni (non ancora conclusi) del primato della signora Merkel in Germania, in Italia si sono succeduti, ben quattro diversi metodi elettorali: Mattarellum, Porcellum, Italicum, Consultellum; e, sul filo di lana del prossimo scioglimento delle Camere, è in atto il tentativo di cambiare ancora attraverso il cosidetto Rosatellum. Già il nome appioppato a tutti questi sistemi fa capire che nessuno li ritiene veramente seri. E, purtroppo, mancanza di serietà e scarso rispetto della democrazia e degli elettori vanno in progressione geometrica, come se l’astuzia fosse davvero in grado di nascondere che non si tratta di dare stabilità al Paese ma esclusivamente di assicurare la sopravvivenza degli apparati di partito e di potere. C’è una disposizione nella legge elettorale che si vorrebbe approvare prima delle prossime elezioni, che rivela con grande sfrontatezza ciò che maggiormente preoccupa gli inventori ed i sostenitori.
Poco più di un terzo dei deputati dovrebbe essere eletto in collegi uninominali maggioritari. E’ evidente che ciò spingerà molti partiti a formare coalizioni. Ma si prevede che tali coalizioni potranno essere solo nazionali, non locali. Così, infatti, il controllo degli apparati centrali sarà assoluto: al centro avverranno le trattative tra i partiti, e al centro ogni partito designerà i suoi candidati. L’articolo 67 della Costituzione, in tal modo, potrà ancora di più andare a farsi benedire. Per la cronaca, è l’articolo che recepisce un fondamento alla base di tutti i sistemi di democrazia liberale che assicura agli eletti assoluta libertà: «Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Per non correre rischi che ciò avvenga, addirittura si decide prima del voto chi sarà eletto!