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di Umberto Cecchi Cinque sindaci della piana contro l'aeroporto. La risposta di politici e categorie:"O si fa la nuova pista o si chiude tutto"

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In Toscana, e soprattutto a Firenze, seguita a sopravvivere una veccia novella. Era ed è la ‘novella dello stento’ quella che ‘dura tanto tempo e non finisce mai’.

Ora si chiama ‘novella dell’aeroporto’. Ero ragazzo e mi parlavano di un pilota che faceva acrobazie attorno al cupolone e secondo la leggenda una volta passò anche sotto il  Ponte Vecchio. Leggende? Forse: il pilota, mi pare si chiamasse Magrini, volteggiava nel cielo per svegliare la città sul problema dell’aeroporto, che al tempo era un campo fra il grano e le ranocchie della piana. Ma la società civile, che allora si chiamava semplicemente ‘la gente’, non lo voleva. Neppure così piccolo: era in città, praticamente, a due passi da duomo Così si persero anni nello sport preferito di Firenze, tergiversare in dibattiti. Oggi cinquanta e più anni dopo siamo alle solite. Si era tentato di far atterrare gli aerei sul monte Calvana, a Prato, poi, sempre a  Prato, farli decollare nelle nebbie di San Giorgio a Colonica, dove oggi ci sono torme di attivissimi cinesi, poi, finalmente si era tornati a Firenze: fra sussurri e grida qualcosa stava spuntando, qualche aereo stava atterrando e ripartendo, c’era insomma una connessione aerea fra il capoluogo toscano e il resto d’Italia.

Si esultava. Ma intanto a Pisa si volava all’estero e a Bologna si faceva un aeroporto tutto nuovo di zecca. A forse di liti, chiacchiere e scontri eravamo rimasti il fanalino di coda. Così come oggi lo siamo con l’alta velocità, stazioni, tranvie  e così via.

Ora ci risiamo: consultati i cinque comuni dell’area vasta e discorde del nostro territorio, quattro hanno detto no all’ampliamento che costituirebbe in una nuova pista, capace di ricevere e far ripartire aeromobili più capienti. Resta fermo un sull’aventino.

Il fatto è che Firenze come Comune non ha territorio, può ben essere il capoluogo della toscana, ma la sua area comunale non supera l’ultima cerchia di mura. O quasi. Nell’ultimo dibattito, ancora in corso, Ferruccio Ferragamo ha fatto notare che o si apre all’aeroporto o si chiude Firenze  tagliandola fuori dai collegamenti internazionali.  E’ vero abbiamo il turismo, così come avevamo la moda italiana uomo e donna, prima che quasi tutta si trasferisse a Milano. Insomma: diversità profonde fra città moderne che evolvono, e città preziose, bellissime che finiscono per rinchiudersi in un tempo immobile, lento, inadatto alle velocità alle quali ci costringono i nuovi tempi e le nuove vie di comunicazione.

Il tempo lento delle favole che parlavano non di città ma di ‘reami’ è finito. Sono finiti anche i reami: guardate l’Inghilterra, non sa come uscire dall’Europa – e non ci uscirà – per tornare a ‘isolarsi’ nell’isola imperiale, sapendo bene che il rischio è enorme. Allo stesso modo Firenze rischia una sorta di sorpasso da parte di altre città più dinamiche.

Mi sembra che Ferragamo abbia tentato di farlo capire con grande chiarezza.

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