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Ricordo l’11 agosto 1944…

Redazione
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di Elisabetta Failla

“Ero un’adolescente quando a Firenze saltarono i ponti e poi venne liberata dagli alleati”. Inizia così il percorso a ritroso nella storia di Gabriella Cassi. “Abitavo in via Campofiore a due passi da piazza Alberti insieme alla mia famiglia e a quella di mio zio Igino Cassi (che poi sarebbe diventato presidente della Fiorentina dal 1947 al 1948 e presidente della Mostra Internazionale dell’Artigianato negli anni ’50 ndr) – ricorda la signora Cassi – Mio babbo, mio zio e mio cugino erano antifascisti e vivevano nascosti collaborando con il Fronte di Liberazione Nazionale”. Poi, il bombardamento della piazza, la notizia tramite Radio Cora che le forze alleate si stavano avvicinando, l’eventualità che la ferrovia saltasse fece prendere la decisione, verso la fine di luglio, di trasferirsi vicino piazza Duomo considerata più sicura. “Ricordo che mettemmo alcune cose sopra un “barroccino” che trainavamo a mano e a piedi andammo a rifugiarci nel palazzo che fa angolo fra via Roma e via de’ Pecori – prosegue Gabriella Cassi – Eravamo io, la mia mamma che temeva per mano mio fratello di cinque anni, mia zia e mia cugina. Gli uomini no, raggiunsero l’edificio di nascosto”. La signora Cassi sorride al pensiero di due salami e di un grande vaso di marmellata, infilati fra la roba sul carretto, che ogni tanto rotolavano lungo il tragitto. “Ero un ragazzina – si giustifica – non pensavo certo di vivere in prima persona uno dei momenti storici più brutti del secolo scorso”. La postazione scelta era strategica. Nascosti in via Brunelleschi c’erano Arrigo Paganelli e Adone Zoli, tra i responsabili del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale a Firenze (entreranno poi in parlamento con la Democrazia Cristiana, Zoli diventerà poi ministro nel settimo governo De Gasperi e sesto presidente del Consiglio ndr). “Mia madre portava i messaggi fra casa nostra e via Brunelleschi – prosegue – Usciva con me portando un fiasco in mano facendo finta di andare a prendere l’acqua. Eravamo proprio incoscienti visto che sui tetti c’erano i franchi tiratori pronti a sparare a chiunque”. Il 3 agosto saltarono i ponti e le strade intorno a Ponte Vecchio. “Tremava tutto, pensavo davvero di morire”, rammenta la signora Cassi. Infine l’arrivo degli alleati l’11 agosto 1944. “I tedeschi se ne stavano andando. Quei giorni in centro si viveva un’aria strana. I soldati nazisti sembravano spariti, sapevamo che gli alleati erano alle porte – continua – ma i franchi tiratori erano sempre sui tetti pronti a fare fuoco su donne e bambini, le uniche persone che si vedevano in giro”. Poi finalmente il loro arrivo e la fine di un incubo. “Furono momenti di grande felicità – ricorda – Gli americani regalarono a noi ragazzi cioccolata, caramelle e gomme da masticare che non conoscevamo. E poi le banane. Mio fratello, nato nel ’39, non sapeva cosa fossero e la prima la mangiò con la buccia!”. Piano piano il centro di Firenze ritornò a vivere anche se ancora si faceva la coda per l’approvvigionamento di viveri. “Facevo anche tre ore di coda per prendere un pezzo di pane – ricorda Gabriella Cassi – Mi faceva impressione perché era bianchissimo mentre noi eravamo abituati ad un pane che aveva pochissima farina – prosegue – Mia nonna, che abitava dove adesso inizia il viale Europa e che allora era aperta campagna, veniva a piedi per portaci frutta e verdura”. Poi il rientro a casa con la voglia di ritornare ad una normalità per troppo tempo dimenticata.

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