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Una volta c’era la dignità col rifiuto della sottomissione Le mutande di Koons e una Mela per riparare le buche

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Di Umberto Cecchi

Pier Capponi che era un fiorentino – e non un re travicello calato da chi sa dove – a un arrogante Carlo VIII, che minacciava di far suonare le trombe per dar l’assalto alla città, rispose senza timore: fate pure, suonate le vostre trombe e non vi sodomizzeremo coi batacchi della nostre campane. Insomma, io l’ho un po’edulcorato, ma più o meno rispose così, e la cosa si concluse senza pifferi né batacchi. E con una dignità mantenuta integra. Chi si sputtanò fu il re dei pifferai. Altri tempi.
Oggi, – piaccia o non piaccia – abbiamo portato l’artista Jeff Koons a Firenze grazie a un ottimo lavoro di Fabrizio Moretti, che con questa operazione ha fatto sì che la Città del Giglio affrontasse il tema della contemporaneità. Un Koonig barocco, niente affatto male, capace di dar voce a un dibattito affatto secondario sulla modernità. Scelta coraggiosa, intelligente, certo dovuta solo a Moretti e alla sua notevole cultura, atto di coraggio che la pubblica amministrazione ha subito cancellato mettendo le mutande alle nudità della statua. E questo per non offendere il pudore del principe ereditario degli Emirati Arabi, che nella sua pur giovane esistenza voglio sperare abbia visto qualcosa di più e di meglio della nudità create dall’artista d’oltreoceano.
Amici degli Emirati ben piazzati a Corte mi assicurano che nessuno ha chiesto quell’intervento.
Chi sa cosa ha raccontato il nostro premier nel corso della sua visita a quel Paese che certo conosceva per averne letto il nome sulle maglie di alcuni calciatori italiani: forse avrà gabellato che Firenze è città molto islamica – anzi, avrà detto di sicuro, ‘maomettana’- più che cristiana e che purtroppo le statue nude sparse qua e là se l’è ritrovate sul groppo perché lasciate da scriteriati e incolti artisti d’altri tempi, ma che con quelle nuove il discorso sarebbe stato diverso: quelle perbacco, i fiorentini le avrebbero rivestite, e non più solo con foglie di fico, ma inchinandosi ruffianescamente a obbedire a una richiesta di pudore probabilmente non fatta, con buone resistenti caleçòn e culottes. A pensarci avrebbero potuto usare biancheria firmata. E farsi pagare la pubblicità. Come con la mela sbocconcellata della Apple. Sottomissione pura.
Se fossi Jeff Koons ritirerei la statua, facendo tirare un sospiro di sollievo a tutti i cittadini che non solo non l’hanno gradita ma se ne sono pure vergognati, obbedendo a una sorta di pusillanime autocensura che non fa arrossire nella sua tomba solo il povero Capponi ma anche tutti quegli italiani che sentono violentati nella loro intelligenza e si trovano ancor più privi della loro libertà di pensiero e del loro spirito critico.
E se domani un Ibn Battuta qualsiasi dovesse arrivare a Firenze dopo tanto aver viaggiato e chiedesse di mettere le mutande al David? Sarà certo lo stesso Nardella, aiutato da Renzi a infilarle sollecitamente al giovane nudista risolvendo così per sempre la causa della Sindrone di Sthendal, ma inaugurando quella dell’asino incapace di capire che non si tratta di rispetto per un ospite, ma di irrispetto verso una città che ne ha certo viste di peggio nella sua lunga storia, ma sicuramente mai di così sbracatamente sottomesse. Quella scultura e lì, messa così com’era dalla città, e lì così com’era avrebbe dovuto restare. Che faremo con il Papa? Se la copriremo di nuovo significa ammettere una scelta sbagliata. Una incapacità di governare. Una vergogna da vergine cuccia.
apple firenzeE a proposito della mela volete un’altra sottomissione? Questa volta spudoratamente economica? Il frutto appeso come a un albero della Val di Non sotto i portici di Piazza della Repubblica, dove un tempo la intellighenzia italiana – Bo, Soffici, Rosai, Papini e company – dibatteva in modo accalorato. La mela non da noia a nessuno, vero, ma che accadrà se la Volkswagen chiederà di esporci una delle sue auto a motore acceso per dimostrare che lo scarico è in regola?

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