Exit poll inequivocabili: il centrosinistra ha fatto cappotto in tutte le maggiori città, (ad eccezione di Trieste) in un mare di astensioni. Due considerazioni:
1) i voti perduti dal M5S, tantissimi, non sono andati a nessun altro schieramento; questo apre una possibile prospettiva per qualunque nuova scommessa politica (Calenda in primis) e mette il Pd di fronte a una scelta radicale: continuare a investire sull’alleanza con un movimento sconfessato dai suoi stessi elettori o aprire a un altro disegno, fondato innanzitutto sull’asse con una forza riformista liberale e centrista.
2) Il centrodestra ha clamorosamente fallito il bersaglio; era una tornata amministrativa ma con una inequivocabile valenza politica: la sconfitta non si può spiegare soltanto con la debolezza dei candidati presentati dalla coalizione, che difficilmente arriverà alle prossime politiche strutturata com’è; la leadership di Salvini non è più salda nella Lega, quella di Giorgia Meloni non è invece a rischio in FdI, ma la sua linea rischia di congelare il partito all’opposizione, come accadeva con il Msi: non è affatto detto che Berlusconi rinunci a scomporre il quadro dando un contributo decisivo per l’affermazione di un‘area moderata, convintamente europeista e decisa a condurre in porto tutte le riforme che la Ue ci ha chiesto in cambio della pioggia di finanziamenti; sono due punti su cui il centrodestra come coalizione potrebbe presto andare in archivio. Senza mai aver vinto se non nei sondaggi.