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Fisco, autonomi pagano più tasse di pensionati e dipendenti: analisi Cgia

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(Adnkronos) –
I lavoratori autonomi pagano mediamente più tasse dei pensionati e dei dipendenti indicate dal dibattito politico-sindacale come le più fedeli al fisco: secondo gli ultimi dati Mef disponibili sui redditi relativi al 2018 , infatti, emerge che, mediamente, i pensionati pagano un’Irpef netta annua di 3.173 euro, i lavoratori dipendenti di 4.006 euro e gli imprenditori/lavoratori autonomi di 5.741 euro. E’ la Cgia di Mestre a rileggere lo squilibrio del carico fiscale legato all’Irpef. 

“Si stima che l’evasione fiscale in Italia ammonti a 105 miliardi di euro all’anno e nel dibattito politico-sindacale, si ripete ormai come un mantra che l’imposta sul reddito delle persone fisiche sarebbe pagata per quasi il 90% da pensionati e lavoratori dipendenti”, ricorda la Cgia secondo la quale si tratta di una ”

affermazione del tutto fuorviante” che riproduce gli effetti di un “grave abbaglio statistico/interpretativo”: se, infatti, si legge ancora nella nota del Centro studi Cgia,” è palese che oltre l’82% dell’Irpef (e non il 90%) è versata all’erario da pensionati e lavoratori dipendenti, questo avviene perché queste 2 categoria rappresentano quasi l’89% del totale dei contribuenti Irpef presenti in Italia”.
 

Se si volesse dimostrare invece lo squilibrio del carico fiscale legato all’Irpef, la metodologia “corretta” consiste nel calcolare l’importo medio versato da ciascun contribuente facente parte di ognuna delle 3 principali tipologie che pagano l’imposta sulle persone fisiche: autonomi, dipendenti e pensionati. Ed è dunque applicando tale metodica che per la Cgia di Mestre si ribaltano i risultati. Intanto sempre sul fronte della lotta all’evasione, prosegue l’analisi degli artigiani, si registra il deciso flop di Cashback e lotteria degli scontrini.  

Se infatti il cashback è stato “archiviato” dal governo Draghi che, a partire dal giugno 2021, ne ha sospeso l’applicazione per manifesta incapacità di perseguire l’obiettivo anche la lotteria degli scontrini non sembra, dice ancora Cgia, aver sortito grande interesse tra i contribuenti/consumatori. “Stando ai dati dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, se a marzo del 2021 gli scontrini mensili associati alla lotteria avevano sfiorato il picco massimo di 25 mila unità, successivamente c’è stata una costante contrazione; lo scorso autunno il numero mensile è sceso poco sopra le 5 mila unità”. 

Ad dover essere utilizzate con i miliardi di informazioni che arrivano in funzione anti evasione invece dovrebbero essere le 162 banche dati di cui dispone lo Stato che però, denuncia ancora Cgia, solo in piccola parte riesce a “utilizzare”. “E’ vero che a breve queste banche dati dovrebbero cominciare a dialogare fra loro, ovvero ad essere interoperabili. Tuttavia, se ogni anno il popolo degli evasori sottrae al fisco 105 miliardi di euro e i nostri 007 riuscivano a recuperarne, nel periodo pre Covid, tra i 18 e i 20, vuol dire che, potenzialmente, sappiamo vita, morte e miracoli su chi è conosciuto al fisco, mentre brancoliamo nel buio nei confronti di chi non lo è, con il risultato che l’evasione prospera, penalizzando oltremisura chi le tasse le paga fino all’ultimo centesimo”, conclude lo studio.