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Chiesto il rinvio a giudizio per Guido Gheri di Radio Studio 54per diffamazione e incitamento all’odio razziale

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Diffamazione e propaganda di idee fondate sull’odio razziale. Sono le accuse in base alle quali la Procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti di Guido Gheri, noto al pubblico fiorentino come “Gheri Guido”, patron di ‘Radio Studio 54′. Gheri è anche il concessionario delle frequenze e, dopo varie forme di sanzione, l’emittente è sotto sequestro, pur continuando a trasmettere via streaming. Assieme a Gheri, all’udienza preliminare del 21 novembre prossimo, dovrà presentarsi anche un suo collaboratore. Per la Procura fiorentina il limite tra la provocazione o la satira, da una parte, il vilipendio e l’istigazione all’odio razziale, sarebbero stati abbondantemente superati nel corso degli anni. Questa richiesta di rinvio a giudizio è solo uno dei tanti capitoli giudiziari aperti per il conduttore radiofonico, che ha ricevuto molte altre querele. Nell’ultimo caso, secondo i pm, è stato preso di mira un ex collaboratore della radio, consulente di sicurezza sul lavoro, definito, in diretta, “castrato”, “comunista del c….”, “il vigliacco si nasconde” e così via.  Ad attirare l’attenzione della Procura di Firenze sono state le affermazioni si migranti di Gheri, oggetto di circa 80 registrazioni archiviate come prove dagli inquirenti. “Questa qui è gente che se ne deve tornare al loro paese, questa gente che campano solo andando a rubare”, dice Gheri in una trasmissione del 4 gennaio 2011. O ancora: “mandiamo un po’ di calcianti del calcio storico fiorentino, una bella squadra di quelli che intendo io, una bella scarica di legnate”, riferendosi a “il nero” che chiede l’elemosina nei parcheggi degli ospedali” (trasmissione del 21 febbraio 2011). Quanto ai “tunisini scappati dalle galere” sono “m…da che è arrivata in Italia”. Il fatto è diventato un vero e proprio caso politico a Firenze: non sono mancate iniziative di solidarietà contro la chiusura di ‘Radio Studio 54′ che hanno avuto il sostegno del senatore del Pdl, Achille Totaro, secondo il quale l’emittente è vittima di una campagna contro la libertà di parola

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