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8marzo, festa della donna, con due storie legate al rilancio del settore vitivinicolo

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L’8marzo e i trent’anni dallo scandalo del vino al metanolo. Un accostamento apparentemente ardito. E invece no: grazie a due storie di donne e di vino, Coldiretti Siena riesce ad accostare la festa della donna al rilancio del settore vitivinicolo legato ad imprenditrici dopo lo scandalo  caso del vino adulterato. Ecco a due casi di donne che guidano aziende associate a Coldiretti che raccontano come sono cambiate le cose dai ruoli femminili nelle aziende vitivinicole. Ne parlano Giovanna Neri (Col di Lamo – Montalcino) e  Letizia Cesani (presidente del Consorzio della Denominazione San Gimignano)

Gianna Neri  gestisce l’azienda Col di Lamo, produttrice del ‘principe’ dei vini, il Brunello di Montalcino. Con loro abbiamo parlato della viticoltura di trent’anni fa e di quella di oggi e soprattutto del ruolo femminile all’interno di essa all’indomani dello scandalo del metanolo.

Qual è, se c’è, la differenza tra l’approccio maschile e quello femminile alla vigna?

«Penso che non ci sia. Ognuno dà al vino l’impronta che vuole, a prescindere che sia un uomo o una donna. C’è chi sceglie di essere biologico, chi convenzionale, eccetera. In fondo una vigna è una vigna».

C’è una via femminile al comando di un’azienda?

«Le donne sono ‘fresche’ nei ruoli di comando. Noi, forse, siamo più meticolose rispetto agli uomini. Abbiamo una determinazione maggiore».

Come mai, secondo lei, si vedono sempre più donne, in ruoli diversi, nella viticoltura?

«Prima era tradizione lasciare l’azienda agricola al maschio. Ora essendoci la parità anche le donne sono arrivate a condurre le tenute. Visto che i maschi lavorano da sempre nell’agricoltura forse la

loro “visione” sulla cosa si è esaurita. Noi, essendoci introdotte in questo mondo da poco, abbiamo idee nuove sulle confezioni e sul vino. E’ un mestiere molto vicino alla natura, è un po’ come essere madri. Ogni anno generiamo qualcosa, come se avessimo tanti figli».

 

Letizia Cesani  a capo dell’azienda di famiglia Cesani, è pure presidente del Consorzio della Denominazione San Gimignano, la più antica d’Italia.

letizia cesaniTrent’anni fa lo scandalo del metanolo. Cos’è cambiato da allora nel mondo della viticoltura italiana?

«I produttori seri non hanno dovuto cambiare molto, in quanto lo scandalo non li ha mai toccati. Quello che noi continuiamo a sostenere è che il cambiamento c’è stato nei consumatori. Ora c’è una maggiore consapevolezza di quello che viene acquistato. Quello che Coldiretti dice da sempre della filiera corta è il modo migliore per tutelarsi. Il produttore serio ci mette la faccia, ha un nome e un cognome. Adesso sulle etichette di vino c’è scritto il nominativo di chi lo fa. Questo credo che tuteli molto il consumatore e possa evitare il ripetersi di situazioni che 30 anni fa non hanno, di certo, fatto onore al nostro comparto».

I consorzi sono gli organi preposti alla tutela delle vari prodotti vincoli. Ai loro vertici ci sono molte donne?

«Laddove c’è una sensibilità del tessuto sociale alle problematiche femminili, alla meritocrazia più che alle idee di potere, le donne trovano sempre posto. Certo è che si vive in una società, e quindi anche in un settore come il nostro, molto maschilista. E’ necessario, e lo rivendico, vedere attuate tutte una serie di politiche sociali che rendano possibile conciliare il ruolo di dirigente d’azienda, di madre di famiglia con i ruoli istituzionali, come può essere il far parte di un consiglio di amministrazione di un consorzio. Purtroppo le condizioni sociali del “Mondo Italia” non consentono un facile accesso delle donne alla classe dirigente per delle problematiche gestionali quotidiane. Quindi mi auspico che il Governo si faccia carico delle politiche appropriate che ci facilitino la possibilità di arrivarci».

Quale potrebbe essere il ruolo futuro delle donne nel mondo del vino?

«Credo che abbiano una sensibilità diversa nei confronti della società civile, quindi anche del mondo del vino. Mi spiego meglio, penso che le donne diano una maggiore importanza ai valori. Questi prescindono dai dati economici, ma hanno a che vedere con un’etica della produzione molto diversa. Secondo me le donne hanno questa etica, che comporta una particolare attenzione al territorio, maggiore cura dei rapporti con i lavoratori, con i consumatori,  la trasparenza, la tracciabilità. Penso che, qualora riescano ad arrivare ai vertici di qualunque attività, di qualunque organismo associativo, sapranno mettere in atto degli indirizzi politici che vadano in questa direzione».

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