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Attentato Istanbul: l’Islam fanatico contro l’Islam che si allea con Israele e fa la pace con Mosca

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Le accuse piovono tutte su Erdogan, il ‘sultano’ politicamente ondivago che governa l’anticamera dell’Europa. Erdogan che litiga coi russi mostrando i muscoli, poi fa pace; Erdogan che non scende mai a patti coi curdi e protesta cento anni dopo se chiamiamo genocidio il loro sterminio; Erdogan che dopo anni di liti stringe un accordo di ferro con Israele, paese considerato il diavolo fino a poche settimane fa; Erdogan che ha abolito di fatto le libertà di pensiero e di stampa, arrestando i giornalisti che lo criticano e minacciando il popolo che gli si rivolta contro. Erdogan, infine, che ricatta l?europa e pretende miliardi di euro per un accordo di controllo sull’immigrazione.

Direte, cosa può entrare tutto questo con la macelleria consumata vigliaccamente all’aeroporto Ataturk di Istambul? C’entra. Resta un solo punto: stabilire che dei tanti nemici del ‘sultano’ e della sua politica ha compiuto la strage. Qualcuno certo rivendicherà i fatti e farà suoi i morti innocenti. E lo farà con i soliti toni trionfalistici. Per quel che mi riguarda, dopo anni di contatti e soggiorni in Turchia, non credo a un attentato curdo, e sono convinto che le vicende siriane, l’Isis,  e l’avvicinamento a Putin, assolutamente inatteso – anche se al di là dell’ufficialità se ne parlava da settimane –  abbiano innescato le esplosioni assassine dei tre kamikaze dell’aeroporto.

Israele e Russia, nemici giurati dello Stati Islamico, considerato da loro, a buon diritto, stato canaglia, hanno innescato la manovra, che certo era pronta da tempo. Le intelligence di mezzo mondo sapevano ormai che l’accordo fra Istanbul e Tel Aviv  era pronto, che il ‘sultano’ si era rimangiato l’idea che Israele fosse il diavolo – e lo stesso vale per la Russia –  e avesse considerato l’opportunità di farsi due alleati di ferro. Anche per tranquillizzare, almeno in parte, una buona fetta di Occidente. Che invece gorse ha sconcerto, assieme a molti cittadini e politici turchi.

Non va dimenticato che Istanbul è  il punto di demarcazione vero fra Oriente e Occidente, che al di qua e al di là del Galata Bridge, sempre in teoria, cambia un modo di pensare sia economico che politico e sociale. Dalla torre di Pera, è vero, si vede Topkapi che sembra ancora oriente, ma a guardare attentamente Costantino il Grande ha lasciato il suo imprinting romano, occidentale e le repubbliche marinare italiane, fra tutte Genova e Venezia, hanno impiantato lì pensieri, culture e idee. Anche se Bayazed, legato allOccidente, fu sconfitto da Timur lo Zoppo, Tamerlano, vero uomo d’oriente, e rinchiuso in una gabbia dove finì per suicidarsi. Anche Timur era un  fondamentalista e obbligo la moglie di Bayazed a servirlo a tavola nuda.

Ci si scontra non poco in questi ultimi anni fra chi dice che quello che sta accadendo in Turchia e in Europa non è uno scontro di religioni, né di civiltà. Né di potere. Allora? Che scontro è? Follia di pochi pazzoidi che la maggioranza islamica – divisa in quattro tronconi religiosi profondamente diversi –  non smentisce o condanna? Può darsi, ma ciò non significa che questo sia un pericolo che noi seguitiamo a guardare facendo analisi di politica spicciola e di parte, e non analisi economico sociali.

Doppiamo riconoscere che la scalcinata nascita dell’Europa ha creato nuovi confini e nuove paure a Oriente che ne teme una per ora lontana stabilizzazione, visto anche l’uscita della Gran Bretagna. Ma sono fatti come questo che fanno sperare al ‘nemico’ una possibile profonda ferita nel nostro mancato assetto di politica estera, politica della sicurezza, politica dell’immigrazione. I famosi ‘pilastri’ mai costruiti. Una immigrazione che non controlliamo. Che invece subiamo. Che non ci arricchisce, come dice il presidente della Repubblica, né sappiamo gestire. Arricchisce infatti solo chi, dell’immigrazione ha fatto – dai pomodori ai meccanismi di ricettività, un affare. Una miniera di sfruttamento frugando nelle tasche degli immigrati e in quelle dell’Erario.

E intanto, come accade in Gran Bretagna, in Belgio, in Francia e nella ‘socia’ turca, l’immigrazione diventa ogni giorno di più il tema da affrontare e risolvere. E il terrorismo, che è figlio di mille  fondamentalismi, la fa da padrone  costringendo i propri figli a immolarsi a scopo dimostrativo, che ben sanno essere assolutamente inutile. I morti si contano e si dimenticano il giorno dopo.

Se Erdogan è ondivago, l’Europa non è da meno. La Brexit ce lo sta insegnando e ce lo stanno insegnando i commenti dei nostri uomini politici che in vent’anni non hanno saputo fare dell’Europa una seria federazione di Stati. E seguitano a non riuscirci, rendendoci ogni giorno più spaventati e più poveri.

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