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di Roberto Franzuti Elezioni, un voto per i nominati che uccide la democrazia

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Dopo anni di proposte e di dibattiti per scegliere il nuovo sistema elettorale, il 4 marzo andremo a votare con la legge presentata al Parlamento dall’onorevole Rosati del Partito democratico.

È bene dirlo subito, senza mezzi termini: si tratta di una pessima riforma. Meno peggio sarebbe stato adottare il vecchio “mattarellum”, il sistema che porta il nome di Sergio Mattarella, l’attuale presidente della Repubblica.

La legge Rosato è il frutto di un pessimo compromesso fra le forze politiche, ma ciò che la rende del tutto inaccettabile è l’uso che i partiti ne stanno facendo, con candidature decise dai capi partito e atti di dispotismo.

Si è tanto parlato in negativo del Parlamento dei “nominati’’, per effetto della legge Calderoli (definita “porcellum’’ dallo stesso autore) che ha imperato negli ultimi dieci anni. Ma la legge battezzata porcellum è stata dichiarata incostituzionale, solo per questa ragione i legislatori si sono posti il problema di cambiare, votando il rosatellum, una brutta copia del precedente modello elettorale.

Il 4 marzo ci troveremo di fronte una scheda elettorale con dei nomi prestampati. Potremo votare un nome per il cosiddetto uninominale (viene eletto fra i politici di tutti i partiti in corsa un solo candidato; il più votato). Sempre sulla stessa scheda troveremo una lista di nomi da votare per il proporzionale (in base ai voti attribuiti al partito vengono assegnati i seggi parlamentari, che saranno occupati in base all’ordine di presentazione della lista). Per gli elettori non c’è alcuna possibilità di scegliere; i nomi sono già stampati.

Come si può ben constatare, non c’è spazio per la democrazia, tutto è in mano alle segreterie dei partiti. Ai boss vengono assegnati dei collegi uninominali presumibilmente sicuri; dove i sondaggi prevedono alte percentuali di voti. Ai capi, oltre all’uninominale, vengono riservate le candidature nel proporzionale in più collegi, per evitare che il boss perda e faccia brutta figura.

Paradossalmente, i partiti hanno sempre meno iscritti, la base non esiste più, ma i capi partito hanno un potere di vita e di morte sui parlamentari. Purtroppo, questo stato di cose ha portato l’astensionismo oltre il 50%; la metà degli italiani non va più a votare. Nella tanto discussa Prima repubblica vigeva il proporzionale puro – ed anzitutto – l’elettore poteva dare la preferenza scegliendo fra 50 nominativi di candidati. Purtroppo si è voluto mettere frettolosamente da parte il sistema politico che aveva fatto grande l’Italia rinata dalle ceneri e dalla miseria della guerra. Negli anni ’80 il nostro Paese era salito al quarto posto nella classifica mondiale per Pil (prodotto interno lordo).

Nei partiti, anche i più piccoli le candidature partivano dalla base; si formavano le commissioni elettorali per la compilazione delle liste attraverso le segnalazioni che pervenivano dagli iscritti alle sezioni.

Questo modo di operare consentiva la selezione  dal basso della classe politica.

Il Parlamento, che uscirà dalla prossima tornata elettorale, sarà ancora una volta composto dai nominati da Berlusconi, Renzi e Salvini. Per non parlare della messa in scena di Di Maio che prima raccoglie le segnalazioni dalla rete e poi le cancella.

 Roberto Fronzuti (Pensalibero.it)

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