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Greek Wine day, alla scoperta dei vini greci

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di Elisabetta Failla

Gli antichi greci furono i primi grandi produttori dell’area del Mediterraneo. Attività che poi diffusero nelle colonie della Magna Grecia e nella penisola iberica. Certo, il vino di allora era molto diverso da quello che produciamo adesso ed era considerato una bevanda sacra. Prima del 1600 a.C. era utilizzato per scopi rituali e religiosi anche perché l’ebbrezza che ne derivava, permetteva alle persone di entrare in contatto con le divinità. Secondo la mitologia era stato lo stesso dio del vino Dioniso a rivelare agli uomini i segreti della sua produzione. Fu lui ad insegnare ad Oreste, figlio di Agamennone re di Micene, come coltivare la vite per ottenere il vino che era dolce e ottenuto da uve passite.
La loro dolcezza scaturiva dall’ebollizione del vino che ne riduceva la quantità d’acqua e, per ottimizzare la fermentazione, gli agricoltori usavano la resina di pino, grazie alle sue qualità conservatrici, da cui deriva uno dei vini greci più famosi, il “Retsina”.

All’epoca il vino era anche simbolo di prestigio sociale. Omero nelle sue opere Iliade e Odissea racconta l’uso dei greci di berlo durante il pasto. Secondo alcuni intellettuali e filosofi dell’epoca il prelibato nettare poteva rivelare le verità più recondite di ogni persona. Fu il poeta Alceo, infatti, a formulare la famosa frase, poi tradotta in latino “in vino veritas”, e descrivere il vino “come un dono d’oblio” per dimenticare ogni pena.

Platone in uno dei suoi famosi Dialoghi narra di come, nei simposi, i commensali si passassero tra di loro una coppa di vino per berne un sorso e brindare. I greci non bevevano il vino puro, ma lo mescolavano con acqua in uno speciale recipiente di ceramica, il cratere, l’elemento chiave di ogni simposio. La miscela era di due parti di vino per cinque parti d’acqua, oppure una parte di vino e tre di acqua. In questo modo, il piacere della serata si allungava, perché soltanto al termine della notte gli invitati erano davvero ubriachi.

Lo scorso novembre a Firenze si è tenuto Greek Wine Day, la manifestazione, organizzata dal suo fondatore, Haris Papandreou, in collaborazione con la Delegazione Fisar di Firenze, ad oggi considerata la più completa in Italia sul vino greco. All’Hotel Together Florence Inn di Bagno a Ripoli erano presenti 18 cantine in rappresentanza dei distretti più produttivi e un centinaio di vini in degustazione (Bianchi, Rossi, Rosé, Spumanti e i “famosi” dolci), il tutto svolto sotto il patrocinio del Consolato Onorario della Grecia a Firenze, con “la consola” presente e disponibile per dispensare notizie.

È stata l’occasione per conoscere i produttori e i loro vini ma soprattutto per capire come la produzione enologica greca sia notevolmente migliorata negli ultimi dieci anni tanto da poter giocare un ruolo importante a livello internazionale. La provenienza dei vini ha rappresentato al meglio le varie zone enologiche della Grecia –  dal Peloponneso e dalla Tessaglia alle tre isole di Cefalonia, Santorini e Samos – ma soprattutto è stata l’occasione per conoscere apprezzare anche i vitigni autoctoni meno conosciuti.

In questi territori, dove spesso la coltivazione della vite è davvero difficile, si producono vini che rappresentano la zona di provenienza e che nei profumi e nel gusto uniscono la storia alla contemporaneità. I vini bianchi sono prodotti con uve di Assyrtiko, forse il vitigno più conosciuto, Robola, Savatiano, Moskofilero, Moskatos, Gaustaldi, Tsaoussi, Vostilidi, Malogousià, Fokiano; i vini rossi da uve di Mavrodaphne, Anghiorgitiko, Augostiatis, Limniona; i vini vini spumanti (prodotti con metodo charmat) provengono da uve Moskatos, ovvero il nostro Moscato d’Alessandria. Naturalmente vengo o utilizzati anche vitigni internazionali come Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Syrah, Merlot e Chardonnay.

I vini bianchi sono i vini più apprezzati e conosciuti. Sono molto profumati, freschi, sapidi e minerali, la maggior parte prodotte con uve di Assyrtiko, molto diffuso nel Mar Egeo e in particolare nelle isole di Santorini e Creta, le cui caratteristiche sono le note agrumate, il “profumo di mare”, ovvero iodio e salsedine, ed una spiccata mineralità. Da non dimenticare altri vitigni importanti come il Malagousia, che dona sentori floreali e fruttati, e il Moschofilero, che dona intensità ai sentori soprattutto fruttati.

I vini rossi sono meno conosciuti ma altrettanto interessanti: leggeri e piacevoli al gusto mentre al naso mostrano sentori floreali, fruttati e speziati. Il vitigno più diffuso, soprattutto nel Peloponneso, è l’Agiorgitiko, con aromi soprattutto di frutti rossi, spezie e note balsamiche: il Xinomavro, da cui si producono vini di grande struttura e il Mavrotragano, dai profumi fruttati e speziati.

Ci hanno colpito molto i vini di Hatzidakis Winery, dall’isola di Santorini, prodotto con Aidani e Assyrtico, entrambi in purezza. L’isola è sicuramente impervia e la viticultura è eroica ma i vini sono davvero rappresentativi di un’isola spazzata dai venti marini e dove i vigneti sono coltivati a terrazzamenti su suoli vulcanici. Sono vini dove mineralità e sapidità sono equilibrate da note fruttate soprattutto tropicali e agrumate.

Dalla Beozia, nel Peloponneso, Cantina Muses Estate ha portato in degustazione vini a base di Malagouzia – Amuse 2022 – con sentori di agrumi, fiori e incenso con un gusto molto  acido, sapido e citrico.

Interessantissimo il VinSanto di Santorini prodotto da Vakakis Winery, dall’isola di Samos, con uve Assyrtiko e Aidani. Una piacevolissima scoperta.