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Presidio Slow Food a San Vincenzo: “Tutti pazzi per la Palamita”

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marco e deborah cucinaPiù che povera: ex dimenticata. Della famiglia dei pesci azzurri, sulla costa toscana la regina della tavola si chiama Palamita (con accento sulla i). Presidio Slow Food, ossia una delle eccellenze gastronomiche poste sotto l’ala protettrice del movimento di Carlo Petrini per evitarne la dipartita, parente umile (ma affatto meno gustosa) del tonno, la cugina stretta di sgombroidi e affini ha avuto il massimo riconoscimento durante la festa che da dodici edizioni le dedica San Vincenzo.  Nei giorni di sabato 4 e domenica 5 maggio il borgo marinaro affacciato sulla Costa degli Etruschi ha organizzato  “Tutti pazzi per la palamita”, un inno al nostro arcipelago, alla sua storia e ai giacimenti enogastronomici che  l’accompagnano. Prima fra tutti il pesce tanto caro ai Giapponesi, considerato una leccornia tra i protagonisti di sushi e sashimi.

In Toscana, almeno sulla fascia costiera, tanti chef si cimentano con il piccolo
tonnetto che ama nuotare attorno alle nostre isole. Ottimo a crudo, se cotto sarà bene scaldarlo velocemente per non sciuparne le carni. Recentemente siamo stati a Ora d’Aria dove il padrone di casa Marco Stabile ha incrociato la toque con Deborah Corsi della Perla del Mare di San Vincenzo. Insieme hanno reso omaggio alla palamita per dimostrare quanto sia duttile in cucina. Una cena a quattro mani in cui piccoli bocconcini crudi e leggermente scottati in padella hanno mostrato di sposarsi in grande stile ad arancia, tartufo, ricotta, caviale, foie gras, zucchine (l’antipasto di Deborah Corsi), mentre Marco Stabile l’ha marinata al lime e appoggiata su una semplice quanto gustosa frittata di asparagi selvatici e crescione Tahoon dell’Himalaya. Dato che siamo in Toscana, potevano mancare i tortelli? Il padrone di casa ha infatti farcito una sfoglia d’uovo, con palamita alle spezie di porchetta (altro inno ai nostri sapori), adagiando i fagottini su crema di patate, stracchino e olio al basilico.

Infine un sodalizio fra mare e terra della Corsi che per secondo ha mandato in tavola una palamita vitellata, ossia un filetto di pesce leggermente marinato agli agrumi e avvolto in filetto di vitella, con abbinamento di maionese, uova di quaglia, bottarga di muggine, capperi e prezzemolo fritto. A rendere il tutto ancora più gradevole, i vini di Tenuta Poggio Rosso, direttamente da quel magico angolo di mare che è il Golfo di Baratti.

La palamita fa parte del folto gruppo di pesci dimenticati. Così li definisce il progetto regionale che promuove i pinnati meno usi a frequentare i fornelli. “Sugarelli, palamite, muggini, acciughe, sardine, pesci sciabola, boghe sono specie ittiche che rappresentano una parte importante del pescato toscano – dice l’assessore all’agricoltura Gianni Salvadori – ma che risultano ancora poco richieste dai consumatori, che spesso preferiscono tipi più conosciuti e di più facile utilizzo in cucina”. Su circa 600 specie edibili, infatti, solo il 10% ha un proprio mercato, trattandosi dunque di un numero veramente irrisorio che esclude dalle nostre cucine una varietà generosa di caratteristiche organolettiche e nutrizionali che perdiamo per ignoranza. Un danno anche per l’ecosistema, con conseguente sfruttamento massiccio dei nomi in voga. “Scopo del progetto Il Pesce Dimenticato è quello di incrementare il consumo del pesce locale. Oggi meno richiesto, è stato per decenni al centro di una dieta molto gustosa, sana ed equilibrata – dice Pierfrancesco Pacini, presidente Unioncamere Toscana – La sua diffusione consentirebbe di mantenere o creare posti di lavoro, nonché una spesa a basso costo e a km zero per le famiglie”.
E allora, per farsi un’idea di quanta ricchezza sta nel nostro mare: apriamo gli occhi,facciamo qualche domanda in più al pescivendolo e quando possibile, andiamo a cercare i banchetti dei pescatori. E per cominciare, o proseguire sulla buona strada andando a curiosare su www.palamita.com

Irene Arquint

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