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Sconcerto tra le guide e i turisti agli Uffizi. Un superesperto di logistica ha inventato la “ribollita” delle sale

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Umberto Cecchi

Sconcerto fra le guide turistiche fiorentine. Sconcerto fra i visitatori degli uffizi che vanno a gira smarriti per sale e corridoi con davanti agli occhi una guida che mente. Editore confuso che ha mescolato a caso una sala con l’altra? Ha confuso una Venere con qualche Giuditta? La tentatrice Primavera con il mistico familiare Tondo Doni? Insomma: può succedere, che male c’è? Ma intanto come fare a ritrovare il tutto? Basta cercare? Solo cercare, e non capire? Un po’ poco mi pare.

Stando a sentire le guide e gli amici turisti che escono confusi dal più importante museo del mondo – e se anche così non fosse, noi lo giudichiamo amorevolmente così – tutto è stato sconvolto con una cura rivoluzionaria che forse avrebbe meritato d’essere sfogata altrove. Tanto più che non di rivoluzione si tratta ma semplicemente di logistica, materia modernissima della quale i magazzininieri sono esperti. I direttori invece dovrebbero ricordare che c’è una qualche differenza fra il Bouburg  e gli Uffizi: storia, età e contenuti.

Il mio vecchio compagno di scuola e amico, Sigfried Schwarzer mi telefona: “a voi italiani non riesce proprio mantenere le cose come stanno. Dovevate rovesciare gli Uffizi come un  calzino”?

Me lo hanno detto, gli dico, ma guarda che tutto quanto l’ha pensato e fatto un tedesco come te. Il neo nominato direttore c. Almeno credo. E certamente avrà avuto una sua buona ragione, anche se penso che gli Uffizi avessero bisogno di ben altro che non un trasloco interiore.

Ride Siegfried: “Un tedesco! Ora capisco. Ma come vi è saltato in mente di affidare una quadreria a un tedesco. A noi tedeschi, lo sai, è sempre piaciuto spostare quadri da una parte all’altra. E questa volta v’è andata bene, nel 1946 una parte degli Uffizi la ritrovarono nelle grotte scavate dalla natura in un terreno di mio nonno. Toccò, mi pare, a un editore e antiquario fiorentino, Olschki, e a un  militare americano, riportarli a Firenze. E non fu facile”.

“Ma – mi chiede una delle più vecchie guide fiorentine – uomo colto, profondamente legato alla città e alla sua storia, tanto da aver raccolto l’opera pittorica e i ricordi inediti di un anglobecero, esploratore in Tibet agli albori del Novecento – “ma, mi chiede: non andava bene Antonio Natali, che era bravissimo?

Ma su questo piano la più divertente, e forse più tragica è stata una mia amica cinese che vive da anni a Firenze: “Ho accompagnato un gruppetto di amici pechinesi e vedere la Venere del Botticelli che gli avevo descritta assieme alle Stagioni,- mi racconta – ma arrivati nella sala la Venere non c’era più. E nessuno mi sapeva dire dove fosse. I miei amici erano sconcertati, e quando ho spiegato loro che la Venere era stata rimossa, uno di loro, docente di storia a Beida, sottovoce mi ha chiesto, timoroso. Anche qui ci sono le Guardie Rosse?

Tocca a me ora fare una domanda al sindaco di Firenze. Ma Nardella, perché no l’ottimo Natali che mezzo mondo ci invidia? Non è il caso di capire, chiedendolo a Franceschini piovuto da Marte, se questa scelta esotica nelle nomine fiorentine, sia uno spudorato  omaggio alla Merkel o un peccato di provincialismo? Percarità io sono per una cultura in movimento, ma neppure per un movimento di quadri che più fermi stanno meglio stanno. Questa più che una innovazione mi sembra una ribollita.

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