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I fiorentini non amano più la loro città La trovano confusionaria, sporca, anarchica per la mobilità dove tutti fanno quello che vogliono. Tanto nessuno controlla. Centro storico invivibile

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di Umberto Cecchi

Torna in discussione la vivibilità di Firenze. Il piacere di abitare nella città dell’arte, patria dell’umanesimo per il suo appel e scende di non poco nelle graduatorie che di tanto in tanto pubblicano i giornali.
I fiorentini non sono contenti della loro città: la trovano sporca, confusionaria, intransitabile da una parte all’altra. Assolutamente invivibile e inadatta alla terza età nel centro storico. Ne ascoltavo qualcuno, qualche sera fa a una maxicena organizzata dalla Fondazione Turati: milletrecento riuniti a tavola. Primo fra tutti il sindaco Nardella che trovai, quella sera, ricco di una umanità nuova, che io non gli conoscevo. Il primo cittadino davanti a una distesa di fiorentini da sempre ipercritici, suonò il violino, le voci della sala si spensero, i distratti fecero attenzione, l’atmosfera si distese mutando il chiacchiericcio in brusio e infine in un silenzio pieno di rispetto. Il sindaco si esibì quasi timoroso, timido, direi, attento non tanto a non sbagliare una nota, ma consapevole d’avere davanti il pubblico più inclemente d’Italia. Il più ferocemente ironico. E invece no: ebbe un applauso vero. Aperto. E sono convinto conquistò qualche nuova simpatia.

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Il fatto è che poi c’è la Firenze di tutti i giorni, e c’è, lo posso dire, credo, una giunta inadatta a essere giunta, perché impreparata al compito. Perché Firenze è Firenze, la città universale, la più diversa di tutte le città del mondo, perché fra qualche chilometro di mura chiude umanità e riottosità; bellezza assoluta e cultura silenziosa, quasi gelosa di se stessa, ma al contempo rapace, profonda; coltiva segni ognuno dei quali ha dato vita a stili idee e monumenti che hanno indicato vie nuove alle vecchie architetture, che…Ma che sto a descrivere Firenze, tutti noi la conosciamo bene, e il mondo la conosce meglio di noi cresciuti in riva d’Arno, volevo dire che amministrarla e viverla non è facile. Oggi i tempi soverchiano e incalzano le idee.

Oggi il passato chiede una cura ben più delicata e difficile di quanta non ne voglia New York. E qui si devono fare i conti. Ed ecco dunque che arrivano le critiche.
Devo dire che Nardella è meno colpevole dei sindaci che l’hanno recentemente preceduto. Ha ereditato distrazioni, ritardi, e veri e propri errori: l’alta velocità che sbrana e disanima la città in scavi e litigi è oggetto vecchio di progetti abortiti, progetti rinati, progetti sbagliati e incerti. E’ come il grifagno tribunale realizzato trent’anni dopo il progetto. Che è fuori contesto. Ed è fuori contesto lo sbrego là dove una volta c’era la centrale del latte e ora ci sarebbe dovuta essere una stazione, e invece non c’è più nulla in attesa del nuovo stadio: un monumento allo spreco nel tempo in cui sprecare è un delitto contro il paese. E che dire delle tranvie che da un decennio bloccano il centro, dividono in due la città, la strangolano di traffico in attesa di cominciare e seguitare a strangolarla loro stesse.
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Anche il mio nipotino capisce che fare una tranvia non è facile, ma capisce anche che si sarebbero dovuti dare ai lavori tempi e modi diversi. Tutto assieme, Tav e tranvia, ha ammazzato Firenze, ha creato un percorso da gioco dell’Oca all’interno del quale ci si perde inesorabilmente. Grazie al quale gli anziani si trovano prigionieri di un centro murato, costretti a lunghi percorsi a piedi con il carico della spesa. Una cosa sperano: che almeno l’ambulanza possa arrivare fin sotto casa in caso di bisogno.
Era questo che molti mi dicevano quella sera della maxicena. Molti sostenevano che la città era praticamente isolata. Un’oasi dove non c’era nemmeno più la possibilità di andare al cinema. E dove stavano sparendo tutte le manifestazioni, specialmente le liriche. ‘Una volta c’era il comunale’, c’è ancora? Fiorentinità.
Niente parcheggi, mi dicevano, e per chi abita in centro le strisce bianche riservate ai residenti sono regolarmente occupate da chi residente non è. E mai un qualcuno che metta ordine. Che faccia rispettare le regole.

Eppure il sindaco ha un’anima. E sono anche convinto che ami la città, la sua gente e le sue mura. Ma manca totalmente una azione positiva del governo dove i toscani abbondano ma non ricordano d’essere tali e dove la difesa di una seggiola di potere (non più poltrona solo seggiola) fa dimenticare che l’Italia non è la lingua raffazzonata della costituzione riveduta e corretta dal governo e non dal popolo italiano, è qualcosa di molto più serio e delicato. Ma chi se ne rende conto? Nessuno ormai nel nostro paese, dove, come dice Dante, ‘un Marcel diventa, ogni villan che guerreggiando viene’, pensa alle cose reali: restano la parole vuote, a drammi conclusi. Un governo di parole come slogan. Ricostruiremo tutto come nuovo, ripeteva Renzi come a sfidare la follia della terra, davanti alle rovine dell’ irripetibile, irricostruibile stupenda facciata di San Benedetto, a Norcia.
Nardella ha meno parole. Anche per questo il sindaco e il suo violino mi hanno scosso. Dio mio, penso, se lo lasciassero lavorare, sarebbe capace di dare una armonia nuova anche a una città stonata?

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